United World Project

Workshop

Alba dei Caminantes

 
15 Gennaio 2021   |   Colombia, #daretocare, Sol Naciente
 

Alba. Porta il nome della prima luce che compare nel cielo, al sorgere del sole. La luce che vince la notte. Sarà per questo che, quando ti racconta la sua storia, le sue parole profumano di speranza.

L’ho ascoltata per la prima volta durante un webinar organizzato in America Latina per la campagna “#daretocare”, a cui anche lei ha aderito. Dare to care, letteralmente “osare prendersi cura”. Promossa globalmente dai giovani dei Focolari per il 2020-2021, nell’ambito dello United World Project, propone, per questo tempo di pandemia, di mettere al centro del discorso politico e della nostra vita di cittadini la “cura”, facendoci carico dei più fragili, del pianeta, dei problemi delle nostre società, “perché un mondo che sa prendersi cura, sarà un mondo più unito”, spiegano.

Colpita dalla sua storia, qualche tempo dopo, l’ho raggiunta via zoom.

Alba Rada è una donna migrante. Ha 45 anni. Circa sei anni fa, ha lasciato la sua casa nella città di Valencia, sul versante atlantico del Venezuela, per raggiungere, con i suoi due figli, una cittadina lontana oltre 1000 chilometri, nel nord del dipartimento colombiano della Cundinamarca, chiamata Tocancipá. Perché? «L’occasione che mi ha fatto capire che dovevo partire è stata il furto della mia auto, fatto da ragazzi di circa 15-16 anni, in pieno giorno, vicino a casa, sotto la minaccia delle armi, mentre mio figlio era proprio lì accanto» risponde. In Venezuela, era scoppiata la crisi economica e sociale, c’era l’inflazione e mancava tutto: elettricità, latte, riso, carne, generi di prima necessità, le medicine, anche la possibilità di curarsi adeguatamente.  Nel suo Paese, Alba guidava una società di progettazione grafica, stava bene economicamente, ma non si sentiva più sicura per la situazione sociale, le rivolte, le scorrerie. «Temevo che succedesse qualcosa ai miei figli. Ci sono stati molti rapimenti in Venezuela, li chiamavano “rapimenti espresso”: rapivano i tuoi familiari e poi avevi 24 ore di tempo per pagare il riscatto. La tensione era forte». Quando pensa alla vicina Colombia, le prime due cose che le vengono in mente sono guerriglia e narcotraffico. Eppure, ad un certo punto, sua sorella le parla di quella cittadina di circa 30.000 abitanti, dove è presente una vivace comunità dei Focolari, Movimento che lei conosce da quando aveva solo quattro anni. Le racconta che sono pronti ad accoglierla e che ci sarebbe anche una scuola per i suoi figli, che si chiama “Sol Naciente”, quasi come lei. Così, appena riesce ad avere i documenti, parte. «Quando sono arrivata a Tocancipá, i membri del Movimento mi hanno dato un benvenuto caloroso, mi hanno consigliato, mi hanno aiutato a trovare un alloggio per il tempo che cercavo un’abitazione, hanno organizzato una cena durante la quale mi hanno donato gli utensili per la cucina e le cose necessarie per la casa. Insomma, si sono presi cura di me» ricorda Alba. Viene il tempo di ricevere, per lei che durante tutta la vita si è impegnata a dare: «A circa 13 anni, Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, mi aveva dato una frase da vivere per la mia vita: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”; da quel momento è diventato il mio slogan».

Per farmi capire bene la concretezza del suo impegno, racconta: «Nel 2006, ho dato vita all’iniziativa “La festa di compleanno di Gesù Bambino”, una festa di compleanno in piena regola, con la tradizionale pignatta, i cotillon e i regali. Un modo per vivere il Natale con i bambini che, per la loro condizione di povertà, non potevano festeggiarlo». Alba non agisce da sola, coinvolge dapprima la sua famiglia e gli amici, poi i clienti, i fornitori e i colleghi di lavoro che fanno propria quest’iniziativa che arriva a raggiungere, già dal terzo anno, oltre 200 bambini. «La loro gioia e gratitudine è stata la prova per tutti i collaboratori e gli organizzatori che la frase del Vangelo, “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, era vera».

Ma ora si trova a Tocancipá, sradicata, a vivere il suo “ricevere”. È il tempo di pensare a sé, di cercare casa e anche un lavoro, che trova proprio alla scuola Sol Naciente, in amministrazione. Intanto, sempre più frequentemente anche le strade della cittadina, a circa 20 chilometri da Bogotá, cominciano ad essere frequentate da “caminantes”, migranti venezuelani in cerca di speranza.

«Con il passare degli anni, la migrazione venezuelana si è intensificata, e molti miei connazionali hanno deciso di venire a Tocancipá o nei comuni circostanti. Essendo una delle prime residenti venezuelane, sempre più persone mi riferivano casi di migranti che arrivavano e avevano bisogno di una guida, un aiuto per i documenti… toccava di nuovo a me “osare prendermi cura”!». Così, comincia a studiare la burocrazia, diventa punto di riferimento per raccogliere beni di prima necessità. Con altri volontari creano un gruppo whatsapp, dove condividono notizie e bisogni con cui vengono in contatto. «Nella nostra cittadina passano caminantes che desiderano raggiungere Bogotá, che arrivano dopo giorni di viaggio, senza un’adeguata protezione dalle intemperie e, spesso, con un alto grado di malnutrizione; poi, ci sono intere famiglie: giovani, bambini, adulti soli che cercano lavoro per mantenersi e inviare qualcosa ai propri parenti in Venezuela. Ci sono casi di famiglie, dove nessuno dei genitori riesce a trovare un lavoro stabile, e bambini con depressioni gravi, fino al tentativo di suicidio». È così che ad Alba viene un’altra idea: «Nel 2018, sono riuscita a creare una fondazione senza scopo di lucro, che ho chiamato “RadaBer”, come l’azienda che avevamo nel mio Paese. Nel suo statuto promuove la fraternità universale e lo sviluppo della persona. Riceviamo tutti i tipi di donazioni perché le esigenze sono grandi: dalla salute all’alimentazione, dall’abbigliamento all’alloggio e all’istruzione». Ora, con la pandemia, l’associazione si concentra soprattutto sull’aiuto ai migranti venezuelani, per affrontare l’impatto economico, perché migliaia di persone hanno perso il lavoro in Colombia, a causa del blocco nazionale imposto dal governo per rallentare il virus.

«Ci prendiamo cura di circa 600 famiglie nei comuni di Gachancipá, Tocancipá, Sopó e Zipaquirá, e facciamo da ponte con le organizzazioni di Arauca perché possano raggiungere 300 famiglie che vivono per strada. Anche dei migranti venezuelani che hanno deciso di rientrare in patria, spesso a piedi, ai quali forniamo sacchi a pelo, snack, crema solare, carta igienica». Alba continua a sognare in grande, e spera un giorno di coinvolgere, nella sua rete, professionisti, imprese che aiutino ad assumere i migranti e… «Abbiamo sempre bisogno di donazioni per continuare a operare, perché la pandemia ha colpito pesantemente anche i nostri sostenitori. Intanto, noi continuiamo a prenderci cura dei migranti e anche di noi stessi. Se vogliamo una società “sana”, dobbiamo impegnarci in prima persona».

Se vuoi fare una donazione alla Fundación RadaBer, vai su:
https://vaki.co/es/vaki/donaafundacionradaber

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