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Workshop

Costruire piccole oasi di pace: un’esperienza dal Libano a Pulse

 
29 Aprile 2017   |   , ,
 

Myriam condivide con i giovani presenti a Loppiano l’esperienza vissuta con la comunità dei Focolari nel suo paese: «All’inizio della guerra, alcune famiglie siriane provenienti da Aleppo sono venute da noi per allontanarsi per un po’ dalla guerra. Ma la situazione peggiorava, e il loro ritorno sembrava sempre più rischioso. Così, sono dovute rimanere in Libano, accolte da alcune famiglie in un centro gestito dal Movimento ad Ain Aar».

Solidarietà dovuta, si direbbe. Sì, ma solo se non si considerasse la storia recente.Myr 2

«Bisogna sapere che il Libano è stato occupato per 12 anni dalla Siria» spiega Myriam «e per questo il popolo libanese non tollera la presenza di questi rifugiati sul proprio territorio nazionale».

Tuttavia, Myriam e i suoi amici si interrogano: come possono aiutarli, da dove cominciare? La risposta è una sola: «Dobbiamo cancellare tutti i pregiudizi che abbiamo sui siriani e andare contro corrente, contro l’opinione pubblica».

A poco a poco, le famiglie libanesi cominciano a visitare quelle siriane, si conoscono, si stringono legami: «Genitori, giovani e bambini, tutti ci siamo impegnati affinché queste famiglie di profughi non si sentissero sole. Soprattutto, abbiamo cercato di ascoltarli, di capirli, di alleggerire, per quanto possibile, le loro angosce, di mettere la pace nel cuore di ciascuno».

Accanto alla vicinanza morale, però, ad un certo punto, si rende necessaria anche quella materiale. Trovandosi lontane dalla propria casa, le famiglie siriane non riescono ad avere accesso ai propri beni: «Così, abbiamo pensato di fare una comunione, soprattutto di vestiti. Per far accettare loro questi doni, abbiamo dovuto usare tutta la delicatezza di cui eravamo capaci».

Senza notizie dai loro parenti e dai loro amici rimasti in patria, ospiti di una popolazione ostile, anche culturalmente diversa, senza un lavoro, né mezzi di trasporto, le famiglie siriane vivevano una condizione di estrema fragilità, che spesso li portava a forti tensioni anche fra di loro.
Racconta ancora Myriam: «Ci siamo resi conto che, se non era nelle nostre possibilità risolvere i problemi degli stati, tuttavia potevamo provare a costruire delle piccole oasi di pace attorno a noi. Spesso bastava una serata di festa insieme per far tornare la concordia nelle famiglie e attenuare lo stress. Altre volte, era sufficiente portarli con noi al mare per regalargli un po’ di spensieratezza!»

Myr 3Un anno dopo il loro arrivo, visto il protrarsi dello stato di guerra in Siria, le famiglie libanesi si trovano a dover aiutare le siriane nella ricerca di alloggi stabili e di un lavoro.

«Cercando con loro le case e il lavoro, sapevamo bene che avremo ricevuto spesso dei “no” da parte del nostro popolo, ma ci siamo detti: “per cambiare la mentalità attorno a noi, cominciamo noi, testimoniando la nostra amicizia”. Così, spesso, entrando nelle case per cercare un alloggio “per i nostri amici siriani”, ricevevamo in risposta reazioni molto dure, o proposte di affitto troppo costose per le possibilità dei nostri amici. Però, sono avvenuti anche miracoli!».

Sul palco di Loppiano, Myriam fa una pausa, si sistema meglio sul naso gli occhiali tondi, stile Harry Potter, e poi prosegue il suo racconto, ricordando un episodio preciso: «C’era una famiglia che, fino al giorno prima di lasciare il nostro centro, non aveva trovato né la casa, né i mobili. Allora, una di noi ci ha ricordato che dovevamo avere fiducia nella Provvidenza di Dio. Con nostra grande gioia, il giorno dopo, abbiamo ricevuto per loro una casa SENZA affitto e una nostra conoscente che faceva il trasloco ci ha donato tutti i suoi mobili!»

Dopo la casa, è venuto il momento di pensare all’istruzione dei bambini e dei ragazzi:

«Abbiamo trovato per loro delle scuole semi gratuite. E un gruppo di insegnanti ha addirittura creato una piccola scuola di lingua francese, che ha permesso ai bambini siriani di iniziare a frequentare le nostre scuole, perché in Libano sono tutte di lingua francese o inglese, mentre in Siria, solo in arabo».

Oggi, queste famiglie siriane di cui Myriam ci ha parlato hanno lasciato il Libano, e hanno raggiunto chi il Canada, chi il Belgio, chi l’Olanda. Ma il legame è rimasto:«Ci scrivono e ci ripetono che ormai il Libano è diventato come il loro paese. Una famiglia ci ha detto che senza il nostro sostegno non sarebbero mai riusciti a ricominciare».

E questa accoglienza che supera le ferite della storia è diventata contagiosa: «Quando sono partiti, hanno lasciato tante delle loro cose per le famiglie che sarebbero arrivate dopo di loro, per le famiglie siriane e irachene che quotidianamente passano per il Libano per migrare verso la pace. Noi, dal canto nostro, cerchiamo di accoglierli e custodire le nostre relazioni nella pace».


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