United World Project

Workshop

Riportare l’umanità nel mar Mediterraneo

 
8 Novembre 2017   |   , ,
 

L’impegno di Gennaro Giudetti nel volontariato internazionale, per riportare l’umanità laddove è negata.

Gennaro Giudetti ha 27 anni, è di Taranto e con l’equipaggio della nave Sea Watch 3, della ong Sea Watch, il 6 novembre scorso ha partecipato al salvataggio di 58 migranti naufraghi nel Mediterraneo, a 30 miglia marine dalla Libia, in acque internazionali, mentre la Guardia Costiera Libica, arrivata sul posto per prima, ostacolava le operazioni di recupero.
Il giornale Vita ha pubblicato in un toccante articolo il suo racconto dell’evento. Colpiti dalla sua intervista e dall’evidente passione che mette nel suo impegno di volontario, lo abbiamo raggiunto al telefono, mentre arrivava a Pozzallo, in Sicilia, ancora a bordo della Sea Watch 3, assieme ai naufraghi che aveva contribuito a salvare.

«Sono stanco, ho male alle braccia e mi dispiace che non siamo riusciti a salvare più persone. Non è giusto che si muoia così, viaggiando, pieni di speranze per il futuro, solo perché si è nati nella parte “sbagliata” del mondo» si sfoga.

La passione di Gennaro per il volontariato internazionale nasce 7 anni fa, quando, appena diplomato, parte per un’esperienza di servizio civile in Albania. Da lì, non si è più fermato: prima sei mesi in Kenya, poi in Colombia dove, con Operazione Colomba, entra a far parte del Corpo Nonviolento di Pace dell’Associazione Papa Giovanni XXIII.

«In pratica, facevamo la scorta civile alla Comunità di Pace di San José de Apartadò, nel dipartimento di Antioquia, nel nord ovest della Colombia, composta da circa 1500 persone. Come stranieri stavamo con loro per evitare che venissero presi di mira dai guerriglieri, come difesa. Perché purtroppo, se viene ferito o ucciso uno straniero, fa più rumore di un locale».

Una comunità civile, quella di San José de Apartadò, che nel contesto del conflitto armato – che vedeva contrapposti la guerriglia (soprattutto le FARC), le Forze Armate Colombiane ed i gruppi paramilitari – ha scelto coraggiosamente, come si legge sul sito di Operazione Colomba, di:

“non partecipare alla guerra in modo diretto o indiretto; non detenere armi di nessun tipo; astenersi dal dare appoggio alle parti in conflitto; non chiedere aiuto a persone armate per risolvere problemi personali o familiari; non manipolare né dare informazioni a nessuna delle parti in lotta; impegnarsi a partecipare ai lavori comunitari; non accettare ingiustizie e impunità rispetto a ciò che accade”.

Gennaro, nel tempo che è stato con loro, ha condiviso la loro vita, la povertà, i rischi, e con gli altri volontari li ha affiancati e protetti anche nei loro spostamenti, permettendogli così di portare avanti le loro attività quotidiane.

«È il mio modo di dare un contributo… per portare umanità laddove non ce n’è. È come dire a queste persone che siamo con loro, che non sono soli, che non devono pagare semplicemente perché sono nate nella parte “sbagliata” del mondo» mi ripete. Dopo la Colombia, Gennaro ha partecipato a missioni in Palestina e Libano, luoghi dove ha imparato l’arabo, la lingua grazie alla quale è diventato mediatore culturale, che gli ha permesso di collaborare a supporto del salvataggio e dell’accoglienza dei migranti nel nostro paese, come Sea Watch e non solo.

«Il Mediterraneo, per me che sono di Taranto, per noi italiani che viviamo lungo le sue sponde, è stato un mare così importante! Ora, invece, è diventato un luogo di morte. Quello che cerco di fare, che cerchiamo di fare,» mi spiega, liberando l’emozione nella voce «è riportare l’umanità nel mar Mediterraneo. Non ho mai accettato le ingiustizie, per questo cerco di provare a dare il mio contributo. Voglio che queste persone sentano che non sono sole, che non le lasciamo. È quello che ripeto a tutti loro, sempre: non siete soli, non vi lasciamo soli, siamo insieme, perché insieme possiamo farcela. Io voglio condividere il mio tempo con voi».

Ora, per Gennaro, è tempo di attraccare, riprendersi da ore insonni in cui ritornano i volti, la fatica fisica, la violenza vista e vissuta insieme. Poi, con la Sea Watch 3 e il suo equipaggio di volontari coraggiosi ripartirà presto, perché la calma del mare fa presagire nuovi arrivi.


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