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“Tv2000 ascolta e racconta senza far rumore, cercando di far luce” – Intervista a Gennaro Ferrara

 
25 Luglio 2025   |   Italia, Comunicazione, TV2000
 
Gennaro Ferrara - Ufficio Stampa TV2000
Gennaro Ferrara – Ufficio Stampa TV2000

In un mondo mediatico in trasformazione, Gennaro Ferrara difende il valore di una TV che informa con senso e umanità.

Gennaro Ferrara lavora da 24 anni, come giornalista, autore e conduttore televisivo, per Tv2000: l’emittente della Conferenza Episcopale Italiana. Tra i vari programmi, ha condotto Il diario di Papa Francesco e Le parole della Fede. Attualmente è in onda con Chiesa Viva, sul papato di Leone XIV, il Giubileo e il percorso sinodale. L’abbiamo incontrato per riflettere con lui su media e comunicazione in un momento complesso come quello che viviamo, con la televisione coinvolta in un processo di cambiamento, tra quella tradizionale, piattaforme e streaming.

Gennaro, cosa conserva, di positivamente unico, la televisione in chiaro?

Non c’è dubbio che siamo in una fase di cambiamento ed è difficile immaginare un punto di arrivo. Ad oggi il principale elemento positivo che conserva la Tv generalista mi sembra sia la capacità di offrire una proposta complessiva, basata sul rapporto di fiducia con il telespettatore e di continuare a offrire uno sguardo più ampio sulla realtà. Mi spiego meglio: la fruizione dei contenuti che avviene attraverso il web, è una proposta tagliata su misura per il singolo individuo. La tv generalista, invece, si rivolge, per definizione, a un gruppo più ampio. Non parla ai bisogni del singolo ma di una comunità. In questo modo non solo offre una fotografia più larga del contesto culturale, ma, in un certo senso contribuisce a crearlo.

Quali sono, in questo continuo dinamismo, i punti fermi, le principali caratteristiche, gli obiettivi e le sfide di Tv2000?

La proposta di Tv2000 è molto organica, con uno sguardo cristianamente orientato che investe tutto il palinsesto. Un filo comune unisce l’informazione, l’intrattenimento e i talk: uno spirito unitario che deriva da una lettura cristiana della società, ma che non scade mai nella propaganda o in mere battaglie ideologiche. Il nostro stile è quello di creare spazi reali di dialogo, rispettando le persone soprattutto quando sono oggetto di racconto. I programmi di Tv2000 sono spazi di approfondimento sorprendente. Anche quando si occupano di cinema e teatro, i volti famosi che ospitano, tirano fuori uno spessore e una profondità particolari, diversi dal solito. Tv2000 sa ascoltare e raccontare in modo profondo, senza far rumore ma cercando di fare luce.

Da un po’ lo fa anche attraverso la piattaforma Play2000.it

Tv2000 sta raccogliendo la sfida del cambiamento anche con questo progetto, pienamente in funzione, di cui siamo orgogliosi. Non si tratta semplicemente di dare un accesso via web ai nostri contenuti, ma di riformularli con un altro linguaggio e di proporre prodotti nuovi pensati esclusivamente per lo spazio di Play2000.it.

Gennaro Ferrara - Ufficio Stampa TV2000
Gennaro Ferrara – Ufficio Stampa TV2000

(Buona) parte della Tv asseconda la spettacolarizzazione del dolore e della paura e del male. Quanto è importante che la televisione trasmetta fiducia, racconti la speranza e il positivo che c’è nel mondo?

Non mi va di giudicare gli altri o di fare discorsi moralistici. Raccontare il bene non deve sfociare nell’esposizione di una realtà inesistente. Credo che lo sforzo di tutti – sicuramente lo è di Tv2000 – debba essere quello di raccontare la realtà, che significa parlare del bene e del male. Nel raccontare, però, non c’è solo l’oggetto, ma anche il modo, e da questo punto di vista bisogna fuggire dal pericolo della semplificazione. Perché si può raccontare malissimo anche il bene. Per esempio con enfasi favolistica.

Anche il male va raccontato, dicevi…

Con lo scopo di contribuire alla formazione di una cultura non muscolare, come ha detto Papa Leone XIV incontrando i giornalisti all’indomani della sua elezione. Occorre una comunicazione che non costringa al tifo per una parte o l’altra, ma aiuti a comprendere la realtà e anche il punto di vista dell’altro. Papa Leone ha parlato di una comunicazione capace di ascolto. Credo sia questa la sfida per tutti ed è la linea seguita con decisione da Tv2000: ascoltare e raccontare una realtà rendendola occasione di dialogo e confronto, non di schieramento. Dividere il mondo in buoni e cattivi è una tentazione che probabilmente porta ascolti, ma non aiuta a capire. La stessa cultura della pace deve essere basata sulla giustizia e sulla verità.

In un tempo come il nostro, in cui l’intera comunicazione sta cambiando, di cosa è garante il giornalista? In cosa si differenzia da altri comunicatori?

Il giornalista è garante della veridicità di quello che racconta. Siamo invasi da una quantità di notizie come mai prima d’ora, ma al loro interno ci sono fake news e informazioni non false ma costruite in modo suggestivo, mirato sul nostro profilo, per assecondare istinti e pregiudizi. Il giornalista deve certificare, verificare una notizia e al tempo stesso, raccontandola, offrire su questa un punto di vista plurale. È compito del giornalista allargare la visione del proprio interlocutore.

Foto Unsplash
Foto Unsplash

Per il giornalista, in un contesto storico e geopolitico così delicato, c’è solo (si fa per dire) il compito di raccontare la realtà, o anche la possibilità di alimentare concetti fondamentali come la pace, la fratellanza e l’umanità?

Non si possono separare i valori dalla realtà. Per un giornalista i valori vanno raccontati quando sono fatti, non meri principi. Lo sforzo è allora quello di saperli cogliere e raccontare. Faccio un esempio: Papa Leone XIV ha vissuto in Perù, da vescovo di Chiclayo, la stagione del Covid. Laggiù particolarmente dura, con un mercato nero dell’ossigeno venduto a prezzi altissimi, inaccessibili per molta gente che moriva di Covid. Lui è stato capace, in tempi rapidissimi, di organizzare una raccolta per costruire apparecchi che fabbricassero ossigeno, e di distribuirlo gratis per le strade di Chiclayo. Parlando dei morti per Covid in Perù, un giornalista ha il dovere di raccontare questa storia: vera, importante, di valore perché ha salvato vite umane. Una storia che conta quanto quella del mercato nero dell’ossigeno in Perù e del numero dei morti per Covid. Parlarne significa raccontare il mondo per intero, e nel mondo tutto intero ci sono ragioni di speranza.

Vale anche per la guerra?

Anche nella cronaca tragica della guerra, accanto ai bombardamenti e ai bambini che muoiono di fame a Gaza, al racconto di una politica internazionale tornata alla legge del più forte, oltre l’enfasi con cui si dà spazio alle parole dei potenti (che pure vanno raccontate) si può offrire un servizio che non semplifichi tra buoni e cattivi, che recuperi una visione multilaterale e internazionalistica dei fatti, che ricordi il valore della pace e dia voce anche ai popoli che la vogliono. Non solo ai signori della guerra.

La televisione stessa è composta da diverse anime: la notizia e l’intrattenimento, il documentario e il talk. Un po’ parti di un unico corpo. Forse il comun denominatore sono le storie che si sceglie di raccontare. Le testimonianze da offrire allo spettatore. Quanto sono importanti le buone storie? Quanto è importante cercare quelle giuste?

È decisivo, già solo per un mero discorso di sopravvivenza: più la storia è bella e interessante, più si è visti dalla gente. Ma la cosa per me importante, lavorando a un talk quotidiano, è trovare persone la cui vita coincide con la storia raccontata. A raccontare storie sono capaci in tanti, a viverle, di meno. Il pubblico non va preso in giro. Vanno trovate persone con esperienza vive.

Foto Unsplash
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Non a caso il claim di Tv2000 è “Autentici per vocazione”

Sono a Tv2000 da più di vent’anni e ho trovato uno spazio di libertà espressiva che non mi pare di vedere troppo spesso in giro. L’autenticità sta in questo: anche con un’identità culturale molto precisa, perché Tv2000 ha un’identità culturale e un palinsesto molto precisi, nulla viene sviluppato in maniera semplicistica. Se noi, ed io nel programma attuale Chiesa Viva, ci concentrassimo meramente sugli aspetti devozionali e celebrativi, non saremmo autentici. Faremmo propaganda alla Chiesa, finendo per renderle un pessimo servizio. L’idea è invece quella di provare a mettere valori e fede alla prova della vita. Vogliamo provare a crescere insieme ai nostri telespettatori. Non è facile. Personalmente, trovo molta differenza tra gli ospiti che mi trasmettono qualcosa di vivo e quelli che mi trasmettono qualcosa di teorico. L’autenticità è il racconto della vita, non delle idee astratte, e nemmeno di una dottrina religiosa.

Mi viene in mente anche la parola “responsabilità”, di fronte alla potenza della Tv nel formare le masse. Quanto è importante questa parola per chi fa questo mestiere?

Quello della responsabilità è un tema importantissimo, centrale, che appartiene a tutti. Dobbiamo avere grande responsabilità nelle parole che pronunciamo. Papa Leone XIV, nell’incontro coi giornalisti, citando Papa Francesco, parlava di disarmare la comunicazione. Pesare, scegliere le parole. Papa Francesco diceva che si può uccidere con le parole. Bisogna avere rigore assoluto nella scelta delle parole, che creano linguaggio e cultura. Anche quelle che scriviamo sui nostri social. Fare il giornalista a Tv2000, in questo senso è una scuola, il cui insegnamento si cerca di portare nella vita.

Un’ultima domanda sui giovani. Che rapporto hanno con la Tv? Quanto è difficile e importante intercettarli? Qual è l’approccio di Tv2000 con loro?

Mi pare di poter dire che oggi i giovani vedono la Tv solo in modo indiretto. Tv2000, il sabato sera, propone film per famiglie, per provare a unire genitori e figli, dandogli la possibilità di emozionarsi e riflettere insieme. Credo sia importante. Più in generale cerchiamo di dare davvero voce ai giovani, non ideali, ma reali. È quello che cercheremo di fare durante il Giubileo a loro dedicato. Poi, certo, il rapporto tra i giovani e la Tv è parte di quel grande punto interrogativo di cui parlavamo all’inizio. Anche se, va detto, già in passato abbiamo celebrato funerali di media che poi sono sopravvissuti. E bene.

Foto Unsplash
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