United World Project

Workshop

Los derechos humano y la fraternidad: la actualidad de un compromiso

 
9 diciembre 2022   |   , ,
 
Foto de Lara Jameson_Pexels

Il 10 Dicembre ricorre la Giornata Mondiale dei Diritti Umani. Una data scelta non a caso, perché in questo giorno, nel 1948, venne proclamata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte delle Nazioni Unite. Ne parliamo con Esther Salamanca e Jorge Manuel Dias Ferreira rappresentanti di New Humanity NGO che promuove United World Project.

Manca poco all’ora “x”: è l’ora in cui mi sono accordato di parlare con Jorge Manuel Dias Ferreira ed Esther Salamanca. Ma, quando manca poco all’ora “x”, può accadere sempre un imprevisto, e oggi non me lo posso permettere: il primo dei miei interlocutori deve infatti prendere tra poco un aereo che da Ginevra lo porterà a Roma, mentre la seconda sta iniziando la sua giornata negli Stati Uniti, dove si trova momentaneamente come “visiting professor” alla University of Illinois College of Law-Urbana-Champaign. Sono due persone che ogni giorno si impegnano per favorire il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani per tutti, soprattutto per i più deboli.

Il 10 Dicembre infatti celebriamo la Giornata Mondiale dei diritti umani, che ha per tema “Dignità, libertà e giustizia per tutti e che vede il lancio dell’omonima Campagna lunga un anno che si concluderà il 10 dicembre 2023, giorno del 75° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che si propone l’obiettivo di far aumentare la consapevolezza dell’importanza di quel documento, concentrandosi sulla sua eredità, rilevanza e attivismo, in un momento in cui le diverse crisi che stiamo vivendo ci fanno rendere conto che siamo davvero tutti interconnessi. Insomma, non manca la carne al fuoco e non mi resta che accendere il computer e avviare la videochiamata: tutto, per fortuna, funziona alla perfezione.

Jorge Manuel Dias Ferreira è portoghese e svizzero, psicologo, lavora al Ministero dell’Educazione elvetico, ed è rappresentante permanente di New Humanity NGO presso le Nazioni Unite e le Organizzazioni Internazionali presenti a Ginevra. Esther Salamanca, spagnola, è professoressa ordinaria di diritto internazionale e dei diritti umani all’Università di Valladolid; è rappresentante aggiunta di New Humanity NGO presso le Nazioni Unite a Ginevra. La prima cosa che mi viene in mente è che quando si parla di diritti umani, anche tra amici, noto sempre un po’ di confusione. Iniziamo dunque a fare chiarezza…

«I diritti umani» – inizia il dott. Ferreira – «Sono diritti inalienabili dell’uomo che non si possono mettere in discussione, devono essere riconosciuti a ogni uomo e a ogni donna per il solo fatto di essere persona umana. Trent’anni fa l’Unesco fece un’inchiesta presso tutti gli Stati del mondo, per sapere se questi diritti contenuti nella Dichiarazione dell’ONU del 1948 fossero davvero universali. Il risultato fu che, in riferimento a tutti i 103 Paesi del mondo che risposero, sia nelle tradizioni, sia nella storia e nella cultura di quei popoli, c’erano gli stessi valori contenuti nella Dichiarazione. Emerge, quindi, come questi diritti abbiano da sempre un rapporto con la storia particolare di ogni popolo e sono ancora attuali perché offrono una visione antropologica integrale della persona umana, come un essere naturale che ha capacità cognitiva, affettiva, morale, sociale e spirituale».

La Campagna che viene lanciata quest’anno, avrà come obiettivo proprio quello di riportare l’attenzione sull’importanza di questo documento. Ma a che punto siamo, in riferimento al rispetto di questi diritti?

ES: «In alcuni Paesi sappiamo che ci sono violazioni gravi dei diritti umani, come in Nigeria, in Siria, e sappiamo che ci sono Paesi dove gruppi di persone più vulnerabili sono in una situazione di pericolo, come rifugiati, migranti, bambini, anziani, persone con disabilità. Non abbiamo un quadro completo, ma c’è una crescente consapevolezza che gli Stati hanno la responsabilità primaria sul rispetto di questi diritti, non solo verso gli attori pubblici, ma anche verso le azioni degli agenti privati, come associazioni, aziende, NGO, che possono sostenere o contrastare questo sviluppo dei diritti umani, all’interno o all’esterno degli Stati stessi».

Come è cambiata la tipologia dei diritti umani? Si è ampliato il campo in cui comprendere questo tipo di diritti?

ES: «Possiamo individuare tre categorie principali di diritti umani: la prima è quella dei diritti civili e politici, che si riferiscono al principio di libertà, le relazioni dell’uomo con gli Stati. Una seconda categoria è quella dei diritti economici, sociali e culturali che si riferiscono al principio di uguaglianza. E poi c’è una terza categoria, quella dei diritti di solidarietà, che non era ancora riconosciuta nei Trattati, che sono diritti dell’individuo e dei popoli».

I diritti di solidarietà: richiamano a una vicinanza, un rapporto tra persone, comunità e anche Stati….

ES: «Sono diritti importantissimi, perché di questi beneficiano non solo i singoli ma anche le comunità. Sono diritti per tutti: tutelare il diritto ad avere un ambiente sano, il diritto alla pace, solo per fare due esempi, vuol dire proteggere un beneficio per l’umanità».

JMDF: «Si tratta di praticare la fraternità universale. Quando io parlavo di fraternità trent’anni fa in questi contesti internazionali, all’inizio del lavoro di New Humanity NGO, tutti quasi ridevano. Oggi non ride più nessuno. Sappiamo che la fraternità è la condizione senza la quale non possiamo avere la pace, non possiamo sconfiggere il problema della fame nel mondo, non possiamo far rispettare la natura, in fin dei conti non possiamo assicurare quella “dignità libertà e giustizia per tutti” che proprio il tema di quest’anno ci ricorda».

La fraternità diventa quindi la base per l’attuazione dei diritti umani di qualsiasi categoria?

JMDF: «Noi dobbiamo tradurre nella politica e nella diplomazia l’azione che la fraternità ci porta a essere nella vita di tutti i giorni. La differenza rispetto a prima è che la fraternità non la puoi predicare, la devi testimoniare, e questo ci porta ad avvicinarci agli altri, anche nei consessi internazionali, come a dei fratelli: ascoltarli, cercare di capirli, non giudicarli, essere anche veri nelle proprie posizioni quando serve, ma in una verità che è per l’incontro e il dialogo».


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