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Cuba: Ero in carcere e mi hai visitato

 
29 Agosto 2015   |   , ,
 

Nel 2007, quando ho incontrato la spiritualità dell’unità, è stato come se un raggio di luce fosse entrati in me, e avesse illuminato più che mai il mio servizio in carcere e mi avesse fatto capire che nella vita dobbiamo cercare ciò che ci unisce e non ciò che ci divide. Condividere questo modo di vivere con gli altri mi ha aiutato molto. Alcuni dicevano: «Come si può trattare con assassini e stupratori, sapendo che la maggior parte di loro non nota nemmeno chi cerca di dare loro una mano…» Questo è vero. A volte è così, ma la spiritualità di Chiara Lubich mi aiuta a vedere in ognuno di essi la figura di Gesù crocifisso e abbandonato. Dobbiamo seminare quel piccolo seme del Vangelo, semplicemente senza aspettarsi nulla in cambio. Questa convinzione mi dà forza e sostegno e mi fa sentire meno sola. Mi impedisce di cadere nella tentazione di lasciare questo servizio, e posso vedere che alla fine ricevo sempre ricevere più di quello che ho dato.

È passato un po’ di tempo da quando abbiamo iniziato a portare il volantino della Parola di Vita ogni mese ai prigionieri e anche alle loro famiglie. Dopo qualche tempo, con nostra grande sorpresa, abbiamo scoperto che nel settore di sorveglianza speciale si era creata una piccola comunità di prigionieri, guidata da un giovane. Insieme discutono del contenuto del volantino e durante il mese cercano di metterlo in pratica e fare esperienze davvero significative.

«Nella mia gioventù -racconta Y- ho commesso alcuni reati per i quali sto scontando una condanna a vita. Sono nella carcere della città di Guantanamo (non lontano dal famigerato carcere americano di massima sicurezza). Ho trovato la mia fede in Dio grazie ai membri del Movimento dei Focolari, che da qualche anno mi fanno visita regolarmente. Ho anche scritto la mia storia, dove parlo del mio incontro con Dio e di come si è riaccesa in me la speranza nella Vita eterna. Ogni giorno cerco di mettere in pratica la Parola di Vita del mese.»

Un giorno, un altro prigioniero, Y, ci ha detto al telefono: «Ho la febbre e un forte mal di testa. Avevo davvero bisogno di parlare con te e ho colto l’occasione di un permesso per fare una chiamata. Parlare con te è come un balsamo per me.» Gli ho assicurato che stavamo pregando per lui e che Gesù è venuto a salvarci, nonostante la vita che viviamo sulla terra. Ha detto che era convinto anche lui di questo e ha aggiunto «questo è quello per cui prego per tutti i giorni, e mi dà la forza di continuare ad amare tutti».”

Carmen, Santiago di Cuba – Fonte: focolare.org


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