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I ragazzi del rifugio di Tagpuro

Maria Liza è il capo dei procuratori di Tacloban, nelle Filippine, la città che nel 2013 è stata duramente colpita da una delle tempeste più forti della storia, il tifone Haiyan. È qui che lei e i suoi colleghi avvocati, in collaborazione con i giovani dei Focolari, i volontari e la locale parrocchia di Our Lady of Hope, si sono messi in gioco insieme, per il bene dei bambini di strada e dei minori a rischio ospitati nel Centro di accoglienza del quartiere di Tagpuro.

Il Social Development Center for Children (SDCC) è un rifugio per ragazzi situato nel quartiere di Tagpuro, nella parte settentrionale di Tacloban City, nella regione centrale delle Eastern Visayas (Filippine), la città che nel 2013 è stata duramente colpita da una delle tempeste più forti della storia, il tifone Haiyan. Il Centro, gestito dai servizi sociali (Social Welfare and Development Office) dell’amministrazione della città, è composto da due strutture separate, che si occupano delle diverse esigenze dei bambini di strada e dei minori a rischio (NdR: in lingua originale “children in conflict with the law”) tra i 5 e i 18 anni.

«In questo momento di pandemia, è cresciuta in noi la consapevolezza della difficile situazione dei bambini di strada e dei giovani in conflitto con la legge ospitati nel centro di accoglienza gestito dall’amministrazione della città» racconta Maria Liza Jorda, capo procuratore di Tacloban. Maria Liza sa bene cosa significhi trovarsi in condizioni di bisogno, avendo vissuto sulla sua pelle la distruzione portata dal tifone Haiyan nel 2013, il dramma dei morti e dei saccheggi[1]. Oggi, sono i bambini del rifugio a trovarsi in difficoltà a causa della mancanza di fondi per il loro sostentamento nelle casse dell’amministrazione cittadina.

«Conoscendo la difficile situazione di questi poveri bambini, abbiamo deciso di contattare i nostri colleghi avvocati e procuratori, abbiamo cercato di affrontare i loro vari problemi, collaborando con i focolari della nostra città, i giovani, i volontari, i parrocchiani di padre Dave Carillo della parrocchia di Our Lady of Hope. Insieme, raccogliamo continuamente fondi per far fronte alla mancanza di vettovaglie e medicinali nel Centro. Anche il sindaco della città apprezza quello che stiamo facendo» mi spiega Maria Liza. Qui, in Italia sono solo le 8 del mattino, da lei le 15.00, e la trovo nel pieno del suo lavoro quotidiano. Sul tavolo ha la dichiarazione giurata di alcuni minori di Tagpuro per presunte violenze fisiche da parte di quattro agenti. Il caso è seguito da una delle procuratrici che collabora con lei per il Centro: «Ci occupiamo anche di questo… – e, dopo un momento di silenzio solenne, come per trovare le parole giuste, continua – abbiamo il coraggio di prendercene cura».

Le chiedo da dove provengano i minori, le loro storie. Lei mi risponde: «Ci sono i bambini che provengono dalla strada, abbandonati dai genitori, prelevati o trovati dagli assistenti sociali o da qualsiasi altro residente della città. Poi, ci sono i bambini “in conflitto con la legge”, come diciamo, che hanno commesso rapine, furti o che sono accusati di possesso di droga, di possesso illegale di armi bianche, più raramente da fuoco». Questi ragazzi, seguiti dai servizi sociali, vivono nel Centro che diventa la loro casa temporanea. Qui, ricevono alloggio, vitto, vestiti, sostegno educativo. Ma spesso gli stanziamenti dell’amministrazione cittadina non sono sufficienti.  «Così, siamo andati dal nostro sindaco e ci siamo proposti. Era il 2019. A poco a poco, abbiamo cominciato. Il rifugio aveva un problema con il bagno? E noi ci siamo occupati di ripararlo, pagando un idraulico. L’anno scorso, con i colleghi abbiamo organizzato una bellissima festa di Natale e loro sono diventati il nostro “centro”. Tutti hanno contribuito e abbiamo potuto regalare un gioco per ciascuno. Ma ancora non ci sembrava abbastanza. Il loro edificio è davvero in pessime condizioni e ha bisogno di essere ristrutturato. La stanza della cucina è molto semplice e non è decente. Ecco, ogni mese continuiamo a raccogliere fondi tra di noi, quando riceviamo lo stipendio, contribuiamo per migliorare le condizioni di vita di questi bambini». Poi, è arrivata la pandemia e, se possibile, la situazione è ulteriormente peggiorata: «Con la pandemia la città sta sanguinando. Voglio dire che ha anche un disperato bisogno di fondi per altri progetti, gli stabilimenti commerciali non hanno ancora potuto riprendersi a causa del lockdown… Così, continuiamo a contribuire. Per esempio, con le scorte d’acqua perché loro non hanno acqua potabile. Ogni mese, mettiamo in comune le nostre risorse per portare l’acqua a questi bimbi. Abbiamo una chat dove con i volontari condividiamo le esigenze anche del rifugio, che ci permette di raccogliere ulteriori fondi.  E se, per qualche motivo, un mese, qualcuno di noi non è in grado di contribuire per i bambini di Tagpuro, siamo certi che ci sono gli altri, i miei colleghi, la parrocchia, che lo fanno continuamente. La nostra è una collaborazione».

Ma la conquista più importante, spiega infine Maria Liza, è stata quella di essere riusciti a portare l’attenzione dell’opinione pubblica sul Social Development Center for Children: «Soprattutto, abbiamo portato all’attenzione delle autorità e dei funzionari la situazione del centro. Se non fossimo entrati nel rifugio, se non ci fossimo preoccupati, nessuno avrebbe mai ammesso le loro condizioni di vita. Quindi… queste piccole cose che facciamo hanno creato una sorta di “preoccupazione” pubblica, perché l’amministrazione cittadina si prenda davvero cura di questi bambini».

[1] Maria Liza Jorda ha raccontato la sua esperienza del tifone del 2013 in questo articolo uscito su New City e Città nuova italiana.


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