United World Project

Workshop

Kiribati: l’onda solidale dopo il ciclone Pam

 
2 Aprile 2015   |   , ,
 

«Abbiamo avuto notizie dalla locale comunità – scrive Mary Cass, referente del progetto AMU, da Perth, Australia -. Tutti stanno bene e sono impegnati nel lavoro di ricostruzione e di approvvigionamento di cibo e acqua per le famiglie del villaggio di Buota (dove è in corso il progetto), che al momento è tagliato fuori: la strada e il ponte che lo collegano al resto di Tarawa, infatti, sono distrutti. Hanno in mente la Parola di Vita del mese che sollecita a “prendere la propria croce” e sperano di potersi incontrare presto per rafforzare il loro spirito di unità in questo momento così difficile». «Il tempo sta tornando alla normalità – scrive uno di loro – le onde sono tornate a sorridere. Siamo felici che tutti stiano bene».

Ma se lo spirito e la dignità degli abitanti di Tarawa sono ammirevoli, la situazione è comunque molto grave: l’acqua potabile scarseggia perché con l’inondazione molti pozzi e serbatoi sono stati contaminati dall’acqua marina, scarseggia anche il cibo a causa della distruzione dei raccolti e dell’interruzione delle vie di comunicazione; manca il carburante, l’80% delle case tradizionali è stato distrutto…

La Repubblica di Kiribati, inoltre, ha un grosso problema di fondo: il progressivo innalzamento del livello del mare sta sottraendo terre all’agricoltura, con effetti negativi sulle attività lavorative e sulla qualità dell’alimentazione. Solo il 10% della popolazione ha un lavoro regolare, mentre tutti gli altri vivono di espedienti. Non potendo arrestare l’avanzata del mare, dovuta al surriscaldamento globale, il governo punta a fornire agli abitanti una collocazione all’estero o in altre parti del Paese. Si prevede che fra alcuni decenni tutto l’arcipelago sarà sommerso.

Il progetto dell’AMU (Azione per un Mondo Unito onlus), Ong ispirata ai principi del Movimento dei Focolari, ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della comunità di Buota, uno dei villaggi più poveri dell’isola di Tarawa, attraverso iniziative mirate per le donne e i bambini. Inoltre è previsto un supporto per sviluppare piccole attività produttive.

«La prima – continua Mary Cass – consiste nella produzione e vendita di ghiaccio, grazie ad un congelatore; la seconda riguarda invece la vendita di oggetti di artigianato all’aeroporto di Tarawa. Con i contributi AMU con i quali abbiamo acquistato anche una macchina da cucire. Va bene anche la produzione di pane che viene venduto a tre negozi presenti nel villaggio e nell’area circostante. Il ricavato di queste attività – oltre a retribuire il lavoro delle donne coinvolte – va a beneficio della nostra scuola materna “Love and Unity” e permette di provvedere ad alcune necessità alimentari dei bambini e delle loro famiglie».

Come si vive in una terra senza futuro? «La vita della locale comunità dei Focolari a Buota va avanti: i gruppi della Parola di Vita – raccontano – uniscono le persone nei villaggi sparsi in tutta la stretta striscia di terra. Il Vescovo di Tarawa, con l’aiuto dei sacerdoti, traduce ogni mese il testo della Parola di Vita nella lingua locale, il gilbertese. Le famiglie si aiutano, ricostruendo le case distrutte dalle calamità naturali, e ricominciano a trovarsi per condividere le esperienze appena riescono a mettere un tetto sulla testa. La comunità ha nominato il proprio centro (dove c’è una piccola scuola) “Loppiano, Centre of Unity and Love” – ricordando il nome della prima cittadella dei Focolari – col desiderio di essere un esempio di amore e unità per tutti».

Fonte: focolare.org


SHARE: