United World Project

Workshop

Sukhi, un’azienda per tessere la trama della fraternità

 
7 Giugno 2018   |   , ,
 

Arte tessile, amore per il mondo e rispetto delle persone e delle tradizioni: sono gli ingredienti di un progetto molto speciale che ha radici nei Paesi Bassi e in Spagna. Abbiamo intervistato Nasia Burnet, co-fondatrice di Sukhi, azienda che ogni giorno contribuisce a migliorare la vita di intere comunità in Asia e Africa e che invita i propri clienti all’incontro e al dialogo tra i popoli.

2012, Kathmandu, Nepal. Nasia e suo marito Wouter sono in viaggio alla scoperta di una terra misteriosa e affascinante. Per le strade della città, in mezzo allo smog e alla polvere, spiccano i vivacissimi colori dei tradizionali tappeti di feltro prodotti a mano dalle donne del luogo, e i due ne vengono immediatamente rapiti.

Ci siamo subito detti che sarebbe fantastico avere la possibilità di comprare un tappeto così, su misura, direttamente dal Nepal, entrando in contatto con questo mondo da casa, dal proprio computer”, mi racconta via Skype la protagonista di questa storia.

Designer tessile di Amsterdam, da quattro anni residente nella soleggiata Barcellona, Nasia Burnet mi accoglie virtualmente in casa con un sorriso luminoso che ci accompagna durante tutta la nostra chiacchierata. L’idea di portare in occidente la tradizione dei tappeti di feltro nepalesi è diventata realtà al ritorno da quel viaggio, mi spiega, e così è nata una vera e propria azienda, Sukhi, il cui nome in nepalese significa “felice”. 

Quei tappeti hanno riscosso un grande successo, e ciò ha permesso a molte donne nepalesi di poter lavorare stabilmente e a condizioni vantaggiose: “Ciò che per noi è importante”, afferma Nasia, “è che i compratori acquistino direttamente dal produttore, senza intermediari e con la massima trasparenza”. 

Negli anni, Nasia e Wouter hanno continuato a viaggiare, e ai tappeti variopinti del Nepal si sono aggiunti quelli sobri ed eleganti della tradizione berbera del Marocco, chiamati Beni Ourain, quelli caldi di lana e feltro dell’India, e quelli patchwork della tradizione turca, estrosi e allegri.

Ovunque, gli artigiani coinvolti nella produzione – circa trecento, per la maggior parte donne, anche se non mancano alcuni uomini – hanno visto migliorare le proprie condizioni di vita grazie a un salario due o tre volte superiore rispetto alla media locale. Molte famiglie possono così permettersi un’istruzione per i propri figli o mettere da parte dei risparmi per costruire una casa o avviare un’attività propria.

Le artigiane possono lavorare da casa, occupandosi della famiglia e spesso tenendosi compagnia fra loro, facendo del lavoro un’occasione per socializzare.

In Sukhi, ogni ordine è completamente personalizzabile e unico, e il lavoro di produzione inizia nel momento in cui si effettua l’acquisto.

Ciò permette di avvicinare ancora di più gli artigiani ai consumatori finali, un aspetto che Nasia considera centrale nel suo lavoro: “Ogni tappeto ha un’etichetta sulla quale è scritto il nome della persona che lo ha confezionato. Sul nostro sito, i clienti possono cercare l’indirizzo email di ciascun artista ed entrare direttamente in contatto con lei o lui, mandando anche delle foto”, spiega.

Così, da un piccolo villaggio della Turchia o dal Nepal, gli artigiani possono ammirare le proprie creazioni nelle nuove case che le ospitano, magari in Finlandia o in Germania. “Il che fa sicuramente un certo effetto – prosegue Nasia – ma li rende al contempo molto fieri”.

È il contatto diretto tra le persone che rende questo progetto così speciale, ed è anche ciò che ha ispirato quest’avventura. Il viaggio, l’altra grande passione di Nasia insieme all’arte tessile, ha qui la sua vera essenza: nell’incontro con il diverso, quando ogni odore, colore, cibo, lingua e dialetto è fonte di meraviglia e ispirazione.

“Sì, credo di aver sempre saputo che le mie due passioni si sarebbero combinate un giorno”, dice. “Perché ho sempre sognato di essere un tramite per condividere ciò che vedo nei miei viaggi”. Torna con la mente agli anni dell’università, e mi racconta di aver visitato una regione isolata della Cina, dove, dopo otto ore di viaggio in macchina, ha raggiunto un villaggio nel quale non c’era la corrente elettrica, ma in cui le donne custodivano una meravigliosa tecnica di ricamo tradizionale che tramandavano di madre in figlia.

“Sono rimasta folgorata nel vedere la cura che dedicavano ad ogni lavoro, impiegando mesi per finirlo … e mi sono sentita anni luce lontana dal mondo occidentale, dove tutto va così veloce”, ricorda. “Da lì è nata l’ispirazione di creare prodotti senza tempo, prodotti che fossero opere d’arte e non beni di consumo usa e getta”. Prodotti con una storia d’amore e di dedizione alle spalle, una storia da condividere con i clienti perché possano averne cura a loro volta. Nell’ascoltarla, mi convinco che per Nasia la scoperta della ricchezza del mondo, il dialogo autentico fra i popoli, aperto e rispettoso delle tradizioni, passa attraverso la bellezza. L’arte, per lei, è come un passaporto che conduce dritto al cuore di una cultura, di un popolo. E oggi Sukhi, il suo progetto, permette anche ad altri di intraprendere questo viaggio, purché lo si accosti con gli stessi occhi di rispetto e meraviglia.

Attraverso Sukhi, Nasia si fa anche ambasciatrice della lentezza in occidente. Rimango a bocca aperta quando, preparando la nostra intervista, scopro attraverso un video che per realizzare uno dei tappeti nepalesi occorrono in media cinquemila palline di feltro, cucite insieme una dopo l’altra dalle pazienti mani di ciascuna artigiana.

“Cerco sempre di spiegare ai clienti che ogni tappeto viene creato apposta per chi lo ha ordinato, e che ci vuole tempo, mentre qui di solito siamo abituati a ricevere subito quello che ordiniamo online… e quando mostro loro il video, si rendono conto di tutto il lavoro che c’è dietro e ne sono piacevolmente sorpresi”, racconta.

Nasia e Wouter fanno regolarmente visita ai produttori di tappeti con cui lavorano nei rispettivi paesi, per accertarsi che tutto proceda per il verso giusto e per instaurare un rapporto personale con gli artigiani. “Per me è molto importante conoscerli personalmente e vederli felici di ciò che fanno”, dice. Mi racconta della loro visita in Marocco dell’anno scorso per realizzare foto e video promozionali, e di un momento in cui si è messa a saltare e a fare smorfie dietro la macchina fotografica per far sorridere le artigiane, che si sentivano un po’ in imbarazzo davanti al fotografo.

“Quando guardo quei video oggi, mi ricordo di quei momenti, vedo quei volti e ripenso alla ragazza che aveva appena avuto un bambino, alla signora che ci ha invitati a casa sua… è molto bello”.

Quando le chiedo quali insegnamenti abbia tratto dall’avventura di Sukhi fino ad oggi e quali consigli darebbe a chi volesse lanciarsi in un progetto simile, Nasia, che ha sempre lavorato in proprio, mi risponde senza esitazioni: “Se hai un’idea, buttati e comincia. Lungo il cammino incontrerai ostacoli e problemi, ma non arrenderti e chiedi sempre aiuto. Se credi di poter fare qualcosa per aiutare chi è meno fortunato, fallo: ne vale la pena”.Pensando positivo si arriva lontano, mi dice. Oggi i tappeti di Sukhi si vendono in tutto il mondo, e i due fondatori sono sempre alla ricerca di nuovi artigiani da coinvolgere nel progetto. “È impegnativo, ma amo il mio lavoro e non riesco ad immaginare cos’altro farei nella vita se non facessi questo”, continua Nasia. In effetti, è difficile immaginare una persona più allineata con la propria missione, con il proprio “dover essere”. E lei mi sembra questo: una persona che ha trovato e occupato con coraggio il proprio posto nel mondo, per il bene di tanti.


SHARE: