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In cammino: Educarsi per educare

 
27 Febbraio 2016   |   , ,
 
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27 02 2Ma qual è il modello educativo di riferimento? Si tratta della persona-relazione, capace di amare e di essere riamata, modello che affonda le sue radici nel pensiero di Chiara Lubich. Il suo riflesso in campo educativo è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori nell’ambito pedagogico e dal lavoro della Scuola Abbà e dell’Istituto Universitario Sophia, che per l’occasione ha inviato alcuni dei suoi docenti a svolgere interventi, forum e workshop. Davvero ampia la scelta, e per tutte le fasce di età: percorsi di educazione alla mondialità, tipologia dell’animatore e dinamiche di gruppo, gestione dei conflitti, ricerca su fede e ragione, fino a temi più specifici, come stili di vita e impatto ambientale, gender, dipendenze, mass media. Non sono mancate attività pratiche, da emozioni e danza, a teatro, marionette, palloncini, arte e manualità, video-making, uso della fotografia e dell’immagine.

27 02 3Una possibilità concreta di “mettere in moto cuore, testa, mani”, sperimentarlo per poi viverlo insieme ai bambini e ai ragazzi. È una delle modalità che sta particolarmente a cuore a papa Francesco, (vedi il recente convegno mondiale sull’Educazione, Roma novembre 2015), e che mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha rivolto come invito a tutti i formatori presenti a Castel Gandolfo dal 5 al 10 febbraio scorsi, presentando la visione di Francesco sull’educazione.

27 02 4Maestro di rischio, audace esploratore, attento regista, tessitore umile di relazioni: si chiede questo all’educatore oggi, non da solo, ma nella rete della comunità dentro la quale opera. Sperimenta il fallimento, ma non si arrende, per aiutare a sua volta a non arrendersi. Soprattutto cerca di essere una persona autentica, un testimone credibile. Spesso si trova a che fare con bambini nei guai, come recita il titolo di un volume che è stato presentato in questi giorni. Sono i bambini che soffrono per le fragilità della propria famiglia, che subiscono violenza… ma qualcuno ha immesso nelle loro storie germi di speranza. È sempre possibile ricominciare, aiutandoli ad attivare quella che in gergo tecnico si definisce resilienza: tirar fuori le proprie risorse migliori per far fronte a situazioni difficili, adattarsi e superarle.

27 02 5«C’è necessità di acquisire competenze – spiega Arturo Clariá, psicologo clinico argentino – anche nell’ordine sociologico, psicologico, offrendo strategie per lavorare insieme, essere più responsabili nell’accompagnamento, sempre con uno sguardo puntato in alto, al trascendente. A confronto con educatori di tutto il mondo sono emerse problematiche attuali e comuni alle varie culture, nel mondo globalizzato, fino alla mancanza di autostima, al vuoto esistenziale e alla difficoltà nel costruire il proprio progetto di vita. E alle volte non si sa cosa fare. Come far fronte a questa società liquida? L’educatore, non è quello che detiene il sapere, ma il direttore di un’orchestra nella quale ciascuno può suonare il suo strumento, e lui deve trovare l’armonia di ciascuno». Un’educazione, quindi, che esca dai luoghi chiusi, e si trasferisca sul piano emozionale, sociale, dei valori: «Questo – conclude – è lavorare per costruire una cultura di pace, di fraternità».

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Fonte: focolare.org


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