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La sfida più ardua, nella città di Man

Di Giovanna Pieroni.

In un Paese dove la malnutrizione è una delle maggiori cause di mortalità infantile, si lavora per salvare la vita a tanti bambini.

Attraversare il ponte di liane, non presenta grandi difficoltà, a meno che non si trasportino pesanti bagagli sulla testa e un bambino legato sulla schiena. Tuttavia, la sfida più ardua per la gente di Man è ben altra.

Nel cuore della Costa d’Avorio, la città, il cui nome significa ‘bosco delle scimmie sacre’, è attraversata da tanti ponti di liane ritenuti sacri, costruiti da giovani “iniziati” nel corso di una sola notte. Nonostante il Paese sia primo produttore mondiale di cacao, secondo le indagini Unicef, un terzo dei bambini in Costa d’Avorio è affetto da malnutrizione cronica. Per i piccoli sotto i 5 anni, essa comporta alto rischio di mortalità o condizioni patologiche gravi con danni irreversibili.

A partire dal 1998, a seguito di numerosi casi di malnutrizione, alcune donne hanno chiesto aiuto alla comunità dei Focolari del posto. Sono cominciate visite a domicilio in una sessantina di villaggi per comprendere l’ampiezza del fenomeno. In collaborazione con AFN onlus, si è avviato così un progetto per sradicare le diverse forme di malnutrizione a partire dai villaggi di Libreville e Doyagouiné con l’apertura di un Centro Nutrizionale a Man.

Vi lavorano un’infermiera, 4 assistenti per la presa delle misure antropometriche, un medico e un’ostetrica disponibili in caso di necessità.

«Salviamo 150 bambini malnutriti ogni mese e mamme giovani sottoalimentate non in grado di portare avanti l’allattamento» ‒ spiega Magrit, infermiera al centro.

Le cause della malnutrizione sono molteplici: la scarsa disponibilità di alimenti adeguati, la diffusa ignoranza di nozioni alimentari e sanitarie di base, il limitato accesso all’acqua potabile, la poligamia. L’arrivo improvviso della guerra, nel 2002, e poi ancora un secondo conflitto, nel 2010, ha reso il contesto ancora più difficile, azzerando risorse economiche, valori culturali e morali. Resta un’economia di pura sussistenza e un gran numero di bambini che sperano in un futuro diverso.  Grazie ai due mulini del progetto si trasformano i grani in farina, si preparano alimenti ricchi di ferro e nutrienti. Una volta a settimana l’equipe e i beneficiari fanno formazione sanitaria e nutrizionale per la prevenzione:«Insegniamo i principi nutritivi e l’importanza dell’utilizzo dei prodotti locali: cereali, legumi, mais, soya, manioca. ‒Spiega Magrit ‒ Promuoviamo l’allattamento esclusivo da 0 ai 6 mesi, la vaccinazione, la cura dell’igiene e lo screening per la prevenzione. Favoriamo lo sviluppo della relazione mamma-bambino, in quanto anche l’affetto e l’accudimento sono importanti come il cibo perché un bambino cresca sano».

Arrivano al centro anche diverse donne in depressione post partum. Essendo considerato un tabù e non uno stato richiedente cure, spesso alla  mamma  viene tolto il neonato che, senza il latte materno, rischia la denutrizione. «Abbiamo preparato una stanza per accogliere le mamme in questa condizione: c’è chi si occupa del neonato, finché non le vediamo interessarsi di nuovo al figlio, e ridargli il latte. Così, restituiamo loro il coraggio e la gioia di vivere».

Una volta apprese le principali nozioni di educazione nutrizionale e di igiene, le mamme stesse si occupano di formare a loro volta quelle di altri villaggi.

«Le famiglie fanno riferimento a noi perché non c’è un altro centro nutrizionale nella regione», continua Magrit.

Secondo la superstizione popolare, chi è colpito dalla cosiddetta “malattia della scimmia”, temuta come una maledizione, va lasciato morire. Ma Ephrasie non si rassegna e con il bambino stretto tra le braccia, magro, emaciato, la testa grande, sproporzionata, scappa dai suoi familiari. Avendo saputo che tanti bambini sono guariti al Centro Nutrizionale, chiede che anche suo figlio venga accolto. Dapprima è ricoverato all’ospedale, poi inserito nel programma alimentare. Oggi ha 11 anni,  sta bene ed ha potuto studiare; è il più bravo del villaggio.

In questi anni, nonostante le numerose sfide del contesto socio ambientale, il progetto ha supportato circa 25 mila bambini da zero a cinque anni e  1500 donne in gravidanza e in allattamento. Il 98% dei bimbi malnutriti sono guariti, altri sono ancora nel programma di prevenzione. Una sessantina di quelli salvati una volta cresciuti ha  espresso il desiderio di ricevere un’istruzione. Si è riusciti a trovare un locale per realizzare una piccola scuola.

Da quando Magrit ha cominciato a lavorare al centro sono trascorsi venti anni: «E’ importante per me fare tutto quello che posso per dare nuovo  impulso a questo progetto. Servono collaboratori che si uniscano a noi in questo spirito di fraternità e trovare insieme nuove vie perché questo lavoro continui, si sviluppi e possa salvare  tanti bambini malnutriti. Abbiamo avviato anche una piccola vendita di prodotti per sostenerci, ma il ricavato è molto limitato. Il vostro aiuto economico è fondamentale per andare avanti: la sfida più ardua, infatti, è quella di non poter chiedere denaro a chi muore di fame!»

Per maggiori informazioni

Con la formula del “SOSTEGNO AL PROGETTO” di AFN, è possibile un contributo continuativo annuo di un minimo di 200,00 Euro a favore del miglioramento del contesto sociale in cui vive il minore, intervenendo quindi sui disagi famigliari e del territorio. Per chi volesse sostenere questo progetto la causale da indicare è la seguente: CONTRIBUTO SOSTEGNO AL PROGETTO “CENTRO NUTRIZIONALE MAN-COSTA D’AVORIO”.

Il video dell’intervista con Magrit, infermiera del Centro

 


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