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Workshop

Brasile: le imprese “sociali” di PROFOR

 
22 Marzo 2017   |   , ,
 

Maria Clézia, “Dima” per gli amici, è stata coinvolta in maniera davvero originale nel progetto: «Ero appena andata in pensione, dopo 40 anni di lavoro in una banca che si occupava dello sviluppo economico nella mia regione. Un giorno, ricevo una telefonata dall’ANPECOM, nella quale mi propongono di dare vita ad un’area che fino a quel momento non avevamo, cioè, il settore “Progetti”, per creare la possibilità di far nascere altre imprese ispirate ai valori dell’Economia di Comunione». 

Maria Clézia accetta, ma chiarisce che prima ha bisogno di tempo per studiare l’argomento, visto che fino a quel momento, nel suo lavoro, aveva seguito progetti esclusivamente legati al settore agricolo: «Loro hanno accettato. Il primo anno ho studiato, ho visitato le istituzioni brasiliane che lavoravano con quello che noi chiamiamo il business “con impatto sociale”. E ho scoperto che il Brasile è uno dei paesi all’avanguardia nel campo della finanzia sociale!»

Dima impara il linguaggio usato da queste istituzioni, si rende conto che anche l’ANPECOM, per farsi conoscere e diffondere le sue finalità, deve imparare a parlare la loro stessa lingua. Finalmente, dopo un anno di questo percorso, affiorano le prime idee: «Ho pensato che, per esempio, a Recife non avevamo tanti imprenditori EDC ma diversi esperti con una buona formazione tecnica maturata grazie al loro lavoro dentro fondazioni, ONG, istituzioni governative. Potevamo organizzare un w-e di lavoro insieme e cominciare a progettare».

PROFOR 2Quello che questo gruppo di lavoro ha chiaro, è che, da una parte, vorrebbe generare utili e, dall’altra, causare un impatto sociale positivo. Così, in quel fine settimana, cominciano a sognare il progetto di un incubatore d’impresa sociale. Arrivano a scegliere anche i criteri di selezione delle imprese. I progetti dovrebbero provenire da persone che vivono situazioni di vulnerabilità sociale o che appartengono ad una classe di reddito bassa; dovrebbero offrire servizi fondamentali alla persona come: educazione, salute, abitazione, sicurezza; e avere come fine ultimo il recupero della dignità della persona

«A quel punto, ci siamo resi conto che l’ANPECOM non poteva aprire un bando pubblico, però poteva spedire una lettera di invito a partecipare al progetto, che si stava configurando come un programma di rafforzamento imprenditoriale. Abbiamo ricevuto 24 proposte provenienti dai sette Stati del Brasile. Tra questi ne abbiamo selezionati dieci. Abbiamo seguito questi imprenditori per tre mesi, durante i quali li abbiamo formati tecnicamente, presentando anche un po’ più in profondità l’Economia di Comunione, e i nostri consulenti li hanno aiutati a scrivere il loro business plan».

PROFOR 3Durante i tre mesi, due aziende si ritirano. Delle otto rimanenti, ne vengono selezionate sei, a cui viene donato quello che in Brasile è definito il capitale “seme”, il capitale necessario a far partire l’impresa. Ma precisa Dima: «Abbiamo continuato a seguirle tutte, supportandole con l’appoggio tecnico e la vicinanza umana».

A collaborare con l’ANPECOM, come spiegavo all’inizio, c’è anche l’AMU (Azione per un mondo unito onlus), nella persona di Lia Guillen, che ha seguito fin dall’inizio il progetto.

«Ognuna delle start up di PROFOR ha alle spalle una storia molto particolare,» mi racconta «per esempio, quella di José Carlos Augusto da Silva, di Igaraçu, che si trova nello stato di Pernambuco (nella regione metropolitana di Recife). José Carlos era disoccupato da tempo e, per la disperazione, aveva deciso di trasferirsi a San Paolo, per riuscire finalmente a sostenere la sua famiglia. Il suo amico e vicino di casa però, comprendendo la situazione, gli aveva proposto di insegnargli il suo mestiere, lui era un costruttore di strutture in cemento armato. José Carlos accetta e le cose cominciano ad andare molto bene. Il suo vicino gli dona anche dei macchinari e mette in vendita un terreno per fornirlo di un piccolo capitale iniziale. Poi, il suo amico-vicino si ammala, e tutta la sua condivisione assume per Josè Carlos quasi il valore di un’eredità».
Lia racconta che José Carlos ha presentato il progetto più strutturato. Si è rivolto al PROFOR perché voleva portare avanti il lavoro con più qualità. E visto che la sua azienda era nata dalla comunione, voleva che continuasse ancora grazie a questo valore.PROFOR 4

Un altro partecipante al progetto PROFOR si chiama José Roberto Cavalcanti Luna.
«È di Garanhuns, sempre nello stato di Pernambuco. José Roberto aveva una produzione di frutta e verdura, ma la sua azienda è fallita e non riusciva più a pagare i dipendenti. Allora, ha proposto loro di creare una nuova azienda insieme, condividendo gli utili, come soci imprenditori».
Dei suoi otto dipendenti ne rimangono due. José Roberto comincia a lavorare la terra e i suoi nuovi colleghi a prendere confidenza con la commercializzazione dei prodotti.
«Pensano di offrire un prodotto diverso: frutta e verdura biologica. Coltivano anche prodotti che non si trovano nella regione, collaborando con un giovane agronomo che sta sperimentando l’adattamento di prodotti provenienti da altri paesi, al clima brasiliano. La loro attività sta andando molto bene!»

Così, tanto che oggi i soci sono ventisei e in molti hanno partecipato al PROFOR.

PROFOR 5«Invece, per Luciana Santiago Souza Mota, di Salvador de Bahia, il PROFOR è stato il mezzo con cui ha realizzato il suo sogno,» mi racconta ancora Lia «lei è una mamma con 3 bambini che, ad un certo punto, si è trovata in una situazione di difficoltà economica. Da giovane aveva imparato il mestiere di parrucchiera. Da una parte, avrebbe voluto mettere a frutto le sue conoscenze per guadagnare, ma non aveva la struttura, né la formazione d’impresa, né le risorse materiali».
Quando Luciana ha saputo del PROFOR, ha fatto la sua proposta ed è stata selezionata. Adesso ha avviato un negozio di estetica e coiffeur dove lavorano altre tre donne del suo quartiere. È bastato solo un piccolo “capitale seme” per cambiare la sua situazione, raggiungere un reddito sufficiente per la famiglia, e trovare una forma di realizzazione personale nel lavoro.

«Poi, c’è chi, come Jane, ha partecipato a tutto il percorso ma il suo progetto necessitava ancora di approfondimento. Jane è una donna ex tossicodipendente, che aveva imparato nella Fazenda Speranza a fare la pizza. Pur non avendo un capitale iniziale, con la consulenza tecnica che ha ricevuto è riuscita a mettere in piedi il suo servizio di pizzeria a domicilio. Grazie alla collaborazione con la commissione EDC di Bahia è riuscita anche a creare il suo logo e un piano di marketing per la sua azienda. Jane è uscita rinforzata da questa condivisione e dai risultati che ha ottenuto, si è resa conto di essere capace di fare qualcosa di importante per se stessa».
Da quel che si dice dalle parti di Bahia, grazie alla consulenza degli esperti del PROFOR, Jane ha sviluppato anche una nuova versione del prodotto, alternativa a quella consueta, usando ingredienti più sani. Per valorizzare la sua pizza, sono stati proposti nuovi imballaggi, e per la loro realizzazione è stato lanciato dagli amici dell’ANPECOM un originale crowdfunding.

Crowdfunding JaneDopo questa prima edizione, il PROFOR è stato a sua volta selezionato tra istituzioni di tutto il Brasile per partecipare al Programma di Incubazione e Accelerazione di Impatto – edizione 2016/2017 – promosso dall’Istituto di Cittadinanza Imprenditoriale del Brasile (ICE), in collaborazione con il Servizio Governativo per il supporto di micro e piccole imprese (Sebrae) e l’Associazione Nazionale degli Enti promotori di imprese innovative (Anprotec). Lo scopo è quello di migliorare la capacità di impatto sociale degli incubatori di impresa in Brasile, dove l’impresa viene vista come indispensabile per la risoluzione delle problematiche sociali.

«Per noi che facciamo parte della squadra PROFOR, questo è un incoraggiamento ad andare avanti lungo la strada che abbiamo scelto, cioè quella di contribuire a ridurre la povertà nel mondo. Essere stati selezionati richiede da noi più impegno, dedizione e responsabilità per le persone che sono socialmente vulnerabili,» ha detto Maria Clézia Pinto «citando Papa Francesco: non possiamo limitarci ad essere buoni samaritani bisogna lavorare per costruire un sistema che non produca vittime».

Il progetto PROFOR, partito nel 2016, è ben sintetizzato in questo video in lingua italiana.


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