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Educazione alla Pace e Settimana Mondo Unito: Intervista a Mons. Zani

È martedì 5 Maggio, a metà della Settimana Mondo Unito. #InTimeForPeace  sta mettendo sempre più in rete storie, esperienze e progetti, ma soprattutto persone. Abbiamo pensato così di sentire la voce di Mons. Angelo Vincenzo Zani; dal 2012, Mons. Zani è Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, il “braccio” della Santa Sede che si occupa di educazione nel senso più ampio del termine: valorizzazione delle persone, dei talenti personali, dei rapporti, e il bene di una comunità, per essere formati a costruire la pace. Raggiungiamo Mons. Zani nel suo ufficio in Vaticano,  e con un click iniziamo la nostra conversazione.

Mons. Zani, cosa vuol dire lavorare per la pace dal punto di vista educativo?

A.V. Zani: Penso proprio che qui c’è un punto centrale perché non si può costruire la pace se non si è educati alla pace e se non si educa la pace, perché la pace è un frutto maturo di tanti aspetti. Non è una reazione spontanea;  tante volte per costruire la pace bisogna superare anche tante difficoltà, superare tensioni, problemi, posizioni diverse per cui se non c’è un esercizio, se non c’è una educazione alla pace, un coinvolgimento dei sentimenti, del pensiero, la pace non si costruisce oppure la si costruisce ma non ha la prospettiva sicura. Non c’è pace se non c’è un’educazione alla pace.

Forse il segreto è proprio quello di non mollare la presa quando le cose si fanno difficili e trovare una strada per superare la difficoltà…

A.V. Zani: Il problema è che tante volte l’idea della pace ci porta a pensare lontano, a pensare chissà a che cosa; facciamo manifestazioni per la pace, lavorare per la pace è anche un po’ una cosa gioiosa, festosa, che ci prende.  Ma il banco di prova della pace è la vita quotidiana! La vita quotidiana e i rapporti con le persone che stanno accanto a noi perché lì cominciamo a sperimentare le differenze. Siamo fratelli, siamo figli, padri, siamo tutti nella stessa famiglia ma già nella famiglia c’è la differenza. Allora il primo passo è di fare della differenza una pedana di lancio una possibilità di andare oltre, di uscire da noi stessi allora lì comincia la pace.

Una delle esperienze che stanno venendo in evidenza da questa Settimana Mondo Unito è che i giovani non si muovono più da soli, ma sono i giovani “con”: con i più grandi, con i più adulti, con i bambini, anche con gli anziani, c’è un popolo! Uno dei modi per superare la difficoltà è proprio quella di rivalorizzare il rapporto tra le generazioni?

A.V. Zani: Innanzitutto vorrei cogliere l’occasione per dire che ho seguito alcuni passaggi della Settimana Mondo Unito ed esprimo le mie felicitazioni. Vi ringrazio tantissimo, è un lavoro straordinario quello che state facendo, c’è una vitalità, una ricchezza, un mondo di esperienze. Io dicevo in un’altra occasione, di tirarle fuori queste storie, di valorizzarle, il mondo ha bisogno di vedere la luce. Uno degli aspetti che, giustamente, state evidenziando, è il superamento della frattura tra generazioni: questo è un punto fondamentale, che viene spesso considerato anche a livello scientifico, dove appunto si rileva che oggi, una delle difficoltà più grandi è proprio questa, la difficoltà di dialogare, di costruire rapporti solidi tra generazioni, tra adulti e giovani. Si sottolinea che la crisi più forte non è quella dei giovani ma è quella degli adulti: i giovani crescono con vitalità, ricchezza, creatività, e l’adulto entra in crisi sulle sue certezze, sul suo modo di pensare, e avendo anche una responsabilità educativa e formativa si pone la domanda se sia giusto o meno quello insegna. C’è uno studio francese che definisce la società attuale come una società adolescentrica: l’adulto è quello che sperimenta di più la dimensione adolescentrica dell’incertezza, dell’insicurezza; mentre il giovane cresce con un grande bisogno di avere modelli, esempi, testimonianze concrete con cui identificarsi. Direi che questo è uno dei punti dove il discorso della pace, che in fondo si costruisce sulle relazioni, se non ci sono relazioni non c’è pace, e l’educazione è un atto di relazione. C’è da imparare tantissimo anche dagli adulti nei confronti dei giovani e viceversa. Non è più la stagione del giovanilismo, è la stagione della realtà, il Papa lo ripete tante volte: educare significa condurre per mano le persone, i bambini, i giovani ma anche gli anziani stessi, a entrare dentro la realtà. La realtà ha tante dimensioni, spirituali, trascendenti concrete e se tu non metti le persone dentro la realtà non hai raggiunto l’obiettivo educativo. Il Papa dice che dobbiamo fare una rivoluzione culturale dentro questo cambiamento d’epoca e mi pare che in questo contesto la Settimana per il Mondo Unito sia un contributo molto importante.

È un cambiamento d’epoca da fare con testa, cuore, mani lo dice sempre Papa Francesco. In questo senso forse è la comunità la parola chiave da riscoprire…

A.V. Zani: Io direi proprio che questo è uno dei punti fondamentali: non si può educare se non c’è una comunità e bisogna educare dentro e attraverso la comunità. In questo senso io vedo che la Settimana Mondo Unito è un contributo a quello che il Papa vuole realizzare, cioè questo patto educativo globale, lo sto vedendo da tutte le esperienze che voi presentate in questi giorni: pensiamo che quando il Papa ha lanciato l’idea del Patto ha utilizzato un detto africano molto importante che “per educare è necessario un villaggio”, c’è bisogno di un contesto, di un ambiente e questo sottolinea la dimensione comunitaria. Ma il Papa dice anche che nel villaggio per l’educazione si impara a scrostare le nostre visioni particolari per purificarle. E infine educare per uscire dal villaggio, non si deve rimanere dentro il villaggio, il villaggio è il laboratorio dove si impara ad andare oltre, ad affrontare scenari più impegnativi.

Lei mi dà l’occasione per farle l’ultima domanda. L’esperienza della Settimana Mondo Unito è nata all’interno del Movimento dei Focolari ma fin da subito nel suo sviluppo, ha attiratol’interesse di persone che vanno oltre il Movimento dei Focolari e quindi c’è un bene che si diffonde anche fuori….

A.V. Zani: Sono totalmente d’accordo e sottolineo molto questo aspetto che sta emergendo: cioè quello che sperimentate, è che questa esperienza non è solo per il Movimento dei Focolari ma per tutti, è un dono per tutti noi quindi questo è molto bello. Io auguro che si vada sempre di più in questa direzione, tra l’altro è il Carisma dell’Unità e non solo di qualcuno, ma di tutti, anche quelli che sono lontani, che hanno altre religioni, altre culture, altre appartenenze sociali. Più noi pensiamo ad andare oltre più dobbiamo essere formati, dobbiamo essere preparati. E qui entra in campo ancora una volta il tema dell’educazione; davvero il Papa dice che dobbiamo avere il coraggio di formare persone capaci di porsi al servizio del bene comune; quindi il coraggio di formare perché senza la formazione non si va da nessuna parte. Formare persone capaci di mettersi al servizio per tutti. Riusciamo ad andare a contattare anche chi non la pensa come noi, nella misura in cui siamo chiari nelle posizioni e sappiamo cosa vogliamo e cosa doniamo, per cosa ci mettiamo a servizio, e per questo occorre una qualità di formazione. Ma è una vocazione che devo alimentare attraverso la scienza, la disciplina, l’esperienza, lo stare insieme.


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