
Workshop
Una miniera preziosa: La Repubblica Democratica del Congo e la ricerca di pace

La Repubblica Democratica del Congo affronta da decenni una serie di conflitti e tensioni interne ed esterne; due congolesi, Jöelle Bilé e Jean-Jacques Lumumba, raccontano come ci sia spazio anche per iniziative di pace.
Quando si nomina la Repubblica Democratica del Congo (RdC), viene subito in mente un Paese dell’Africa australe, impegnato da decenni in una faticosa ricerca di pace, contrastata da tensioni interne ma anche da interessi di potenze straniere. Il Paese, infatti, custodisce miniere di materie preziose e strategiche che tutti ambiscono a controllare, in prima battuta il coltan, utilizzato per la fabbricazione di telecamere, cellulari e molti altri apparecchi elettronici, pagando così il prezzo di tensione e conflitto praticamente costanti tra l’Occidente, la Cina e Russia, e le monarchie arabe del Golfo che sono ben presenti nel Continente africano.
Nel mese di Maggio 2024, durante il convegno “Together for Humanity” hanno portato la loro testimonianza di ricerca di pace Jöelle Bilé, giornalista, imprenditrice, candidata Presidente della Repubblica per le elezioni del 2023 nella Repubblica Democratica del Congo e Jean-Jacques Lumumba, pronipote di Patrice Lumumba (1925-1961), ex-primo ministro e figura principale dell’indipendenza congolese; banchiere, whistleblower, ossia “informatore” nel contrasto alla corruzione, Jean-Jacques vive in esilio in Francia e lotta per la tutela dello stato di diritto nella RDC. Ha ricevuto l’International Anti-Corruption Excellence Award 2019.

«La guerra nella Repubblica Democratica del Congo orientale, in 3 decenni ha provocato circa 10 milioni di morti» – comincia Jean-Jacques. «Dall’ottobre 2023 sono sfollati oltre 2 milioni e mezzo di persone. A maggio 2024 una bomba è stata lanciata dalle milizie ribelli del “Movimento per il 23 marzo” (M23), nel campo per sfollati a Goma, uccidendo e ferendo tante persone. La situazione è molto tesa, ogni giorno ci sono morti, stupri e violenze. Forse non tutti sanno che noi possiamo usare i nostri telefoni solo grazie a un minerale chiamato coltan, che viene utilizzato nell’elettronica compatta. Circa il 60% delle riserve mondiali di coltan si trovano nella Repubblica Democratica del Congo e la maggior parte dei depositi proviene proprio dall’est del Paese, nelle province del Kivu, una zona quindi di grande interesse strategico».
Un Paese così ricco ma umiliato dalla guerra fa molto comodo ai predatori di ricchezze del suolo e del sottosuolo perché diventa più facile assumerne il controllo con grandi guadagni economici. C’è una pace “frenata” da chi alimenta le tensioni per interessi politici o economici.
Della tragedia che vive il Paese da tanti anni, il mondo sa molto poco, come poco si sa del fatto che nel contempo ci siano tante persone che credono nell’ideale della fraternità universale, che sono legate tra loro da questa stessa spinta a lavorare per il bene comune, e che cercano di reagire attraverso diverse attività: consapevolezza della cittadinanza, lotta alla corruzione, consapevolezza dei valori. Continua Jöelle Bilé: «Così facendo, ci assumiamo dei rischi considerando che il male è organizzato e sostenuto da diverse persone all’interno e all’esterno del Paese, e lottare diventa un rischio anche personale. Ma è questa comunione tra tutti noi, questo legame in grande o piccola scala, che ci aiuta a sopravvivere. Recentemente abbiamo inviato una piccola somma di denaro ai nostri fratelli dell’est che si trovano nei campi per sfollati. È stata una gioia vedere almeno un gruppo felice di aver ricevuto l’amore dai fratelli. Sono piccoli fatti che aiutano la costruzione della fraternità e della pace nel Paese».
Jöelle e Jean-Jacques sono consapevoli, nel loro racconto, di come la pace si costruisca non solo lavorando sull’emergenza, ma anche con obiettivi profetici a lungo termine, che guardano all’educazione alla pace; c’è l’urgenza di lavorare per uno sviluppo che vada a vantaggio di tutti, anche perché quando i congolesi potranno contare su adeguati mezzi per vivere, non avranno bisogno di arruolarsi o di combattere.
«Vengono realizzati corsi online presso Ecoforleaders, una scuola di Alta formazione per leadership di comunione, nata da un gruppo di studenti africani che si sono chiesti come spendersi per un’Africa nuova e che ora, con il supporto dell’Istituto Universitario Sophia e del Centro internazionale del Movimento politico per l’unità (MPPU) lavora con impegno per realizzare questo sogno, in diversi settori: economia, giustizia, politica, religione, comunicazione, medicina, educazione, sociologia, ecologia, ingegneria, arte e sport».
Le iniziative come queste sono tante e presenti in tutto il Paese, sostenute dalla testimonianza personale di tanta gente semplice e di professionisti, che stanno pagando di persona la loro esposizione e il loro rischio per costruire fraternità.
Jean-Jacques, in particolare, è uno di questi, esiliato per aver denunciato la corruzione che stava privando la popolazione delle sue ricchezze. Ma continua a credere a una pace possibile, pensando anche a suo nonno, ai suoi principi e alla sua lotta per il bene del Paese. Così Jöelle, che conclude: «Una nuova umanità è possibile, se mettiamo in pratica i valori del bene comune. Nella grande sofferenza collettiva abbiamo deciso di rifiutarci di morire, perché siamo abituati a camminare con la morte. L’unità e la fraternità che cerchiamo di vivere nei nostri ambienti ci aiuta a mantenere la speranza che la pace è davvero possibile».