United World Project

Workshop

La pace che si costruisce danzando

 
18 Aprile 2017   |   , ,
 

È nato nel 1984 a Monsummano Terme e, da pochi anni, ha trovato questa collocazione dentro spazi bianchi e luminosi, che profumano di arte e possibilità di espressione. Un luogo dove ci si sente in famiglia, da subito. Una scuola, ma anche un’associazione, l’Associazione Culturale Dancelab Armonia, che si propone di “sviluppare e diffondere l’idea dell’armonia possibile, sia con riferimento all’individuo che alle comunità, fino all’utilizzo dell’Arte come strumento trasversale di Armonia fra i Popoli”.

Dancelab2A fine lezione, ci ritroviamo tutte insieme a chiacchierare nell’ufficio della scuola.
Ylenia, Greta, Alessandra, Pranvera e Maria Chiara sono alcune allieve ed ex allieve della scuola appena ventenni, che promuovono le attività dell’associazione. Con loro c’è anche Elisa, volontaria fin dalla fondazione di Dancelab. Alessandra ha ancora le guance arrossate per la lezione.

Le ho raggiunte in Val di Nievole perché mi hanno raccontato che dal 2014 l’associazione promuove dei Campus d’arte per i bambini dei territori palestinesi, in particolare a Betlemme, grazie alla collaborazione e all’amicizia con padre Ibrahim Faltas della Custodia di Terrasanta. Per capirci, usano la danza come strumento di pace, per generare relazioni e dialogo tra i popoli.

«Lì, vivono come in una prigione a cielo aperto,» è Maria Chiara a rompere il ghiaccio «noi siamo andate per supportare gli insegnanti di danza jazz, hip hop, danza aerea. Abbiamo lavorato con bambini e i ragazzi dai 5 ai 15 anni. Eravamo andati per “dare”, e invece, abbiamo anche “ricevuto”, ci hanno insegnato la loro danza tradizionale, la dabka».

L’esperienza del Campus d’arte si ripete anche nel 2015.

Dancelab3«Quando ci siamo ritrovati, ci sono stati abbracci profondissimi, come se ci ritrovassimo con persone care!» ricorda ancora Maria Chiara.

«Quell’anno abbiamo notato una differenza nel modo in cui disegnavano e coloravano. Usavano colori vivaci, meno scuri e tristi… Ci hanno spiegato che per un periodo avevano aperto il muro e i bambini erano potuti andare al mare!»

Però, l’impatto all’inizio non è stato così semplice. Ricorda Pranvera:«All’inizio, i bambini erano molto chiusi, fuggivano il contatto fisico. Considerando che anche io sono di natura riservata, il loro modo di fare mi ha portato ad aprirmi per prima, a cercare un contatto. Poi, c’era la difficoltà della lingua. Io ero con i più piccoli, l’inglese, loro non lo parlavano ancora. La danza è stata la lingua comune che ci ha fatti incontrare!».

I rapporti, grazie ai social e alla cara, buona, vecchia posta, continua anche oltre le due settimane di Campus:«Ader un bambino del mio corso mi scrive sempre su Fb. La mamma di Elarina, un’altra bambina, ci ha mandato per posta delle targhette di ceramica nel loro stile» mi spiega Greta «Ci scriviamo e ci pensiamo, si sono creati legami».

E poi, durante il primo Campus, nel 2014, c’era la guerra.Dancelab 4

«Una delle prime sere, a cena, avevamo espresso il nostro timore a trovarci “compresse” dal coprifuoco, in una specie di prigione a cielo aperto. Un signore del posto che era a cena con noi, si è molto arrabbiato, facendoci notare che quella, per loro, era una situazione quotidiana mentre noi, presto, saremmo potute tornare alla normalità. Quello sfogo ci ha fatto molto riflettere. E molto di più il gesto che ha fatto subito dopo. Siccome c’erano tumulti, accompagnandoci a casa, ci hanno fatto scudo con le auto per entrare nei nostri alloggi: “Se c’è qualcuno che deve morire, siamo noi, non voi!”. Li abbiamo capito tante cose, e siamo rientrate piangendo. Chi è pronto a dare la vita per delle personae che conosce appena?».

E ora queste ragazze stanno lavorando al prossimo campus, che si svolgerà in estate. Racconta Elisa: «Quest’anno forse riusciremo a realizzare appieno il nostro progetto. Finora abbiamo lavorato solo a Betlemme, con i bambini palestinesi. Invece, per il prossimo luglio stiamo progettando un doppio campus. Da una parte, continueremo a lavorare con i bambini di Betlemme, dall’altra, anche con quelli di Gerusalemme. E lì avremo modo di lavorare sia con i ragazzi palestinesi che israeliani. In passato, questo incontro siamo riusciti a farlo in Europa ma in Terra Santa è più difficile. Per noi è un traguardo!».

Dancelab 5Durante l’anno, le volontarie e i volontari dell’Associazione Dancelab Armonia vanno nelle scuole, per raccontare agli studenti la loro esperienza e il loro impegno per la pace, proponendo alle classi di partecipare alla Marcia per la Pace.

Racconta Ylenia: «Quest’anno poi, stiamo progettando un ulteriore Campus, ma in Italia. Perché qui possiamo unire tutti: israeliani, palestinesi, bulgari, spagnoli, francesi, africani… Trascorreremo quindici giorni insieme, per costruire la pace attraverso la danza».

Le ballerine e i ballerini di Dancelab parteciperanno anche a Pulse, il meeting dei Giovani per un mondo unito: «Terremo un workshop durante il quale insegneremo dei passi per una coreografia che danzeremo insieme il primo maggio… Sarà una specie di flashmob per la pace».

Perché la danza, come mi spiega Alessandra: «Non è solo un’esibizione di passi, ma ci permette di legarci gli uni agli altri. Anche se siamo diversi, la danza ci permette di parlare la stessa lingua!»


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