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“EMERGENCY cura coi valori dell’uguaglianza, della neutralità e dell’eccellenza” – Intervista a Michela Greco

 
22 Aprile 2025   |   Italia, Diritti Umani, Emergency
 

Michela Greco è una giornalista cinematografica che da tempo lavora nella comunicazione per EMERGENCY. Negli anni, è riuscita a unire la sua esperienza e le sue competenze sulla settima arte con l’impegno nella grande organizzazione fondata da Gino Strada nel 1994. L’abbiamo incontrata per parlare con lei di cura del più fragile, di diritti umani, di cultura della pace, e un po’ anche di cinema.

Michela, come si è sviluppato il tuo percorso professionale?     

Nel 2001 ho iniziato a svolgere attività di volontariato per EMERGENCY: ho contribuito a raccontare, nelle piazze, quello che l’associazione faceva. Mi sono impegnata nella raccolta fondi e nell’organizzazione di eventi. Intanto diventavo giornalista cinematografica e col tempo sono riuscita ad avvicinare le due attività, anche grazie ai contatti maturati con alcuni attori e registi cinematografici. Molti di loro hanno manifestato grande sensibilità verso i temi di EMERGENCY e mi è capitato di coinvolgerli in alcuni eventi.

Per quanto tempo hai portato avanti entrambi i percorsi?

In parto lo faccio tuttora. Due anni e mezzo fa sono diventata dipendente di EMERGENCY, dopo essere stata collaboratrice; compatibilmente con l’impegno a tempo pieno con l’organizzazione, ogni tanto riesco a ritagliarmi ancora un po’ di tempo per scrivere di cinema. Oggi faccio parte dell’ufficio comunicazione di EMERGENCY,ma già dai tempi della collaborazione sono riuscita sempre di più a unire l’attività di cronista per il cinema ai progetti per l’associazione.

Alcuni esempi?

Nel 2018 abbiamo realizzato dieci documentari con EMERGENCY, su altrettanti progetti del suo “Programma Italia”, dedicato agliambulatori, presenti dal Nord a Sud del Paese, che garantiscono il diritto alla cura per tutte e tutti. Nel partecipare alla realizzazione di quei documentari ho avuto la possibilità di intervistare i nostri operatori umanitari e i beneficiari dei progetti, e in questo modo ho potuto approfondire il mio sguardo su queste realtà, per raccontarle al meglio.

Da questo progetto ne sono nati altri?

In quel periodo è nato anche “Una storia per EMERGENCY”: un concorso per sceneggiature di cortometraggi riservato ai giovani. Ora siamo alla quinta edizione, dedicata a ragazze e ragazze dai 18 ai 30 anni e focalizzato sul tema del ripudio della guerra.

Altro incontro tra cinema ed EMERGENCY.

Ancora di più, se vogliamo, perché in ogni edizione abbiamo avuto la collaborazione con Rai Cinema e con alcune tra le più importanti società di produzione cinematografica nazionali: il primo anno Wildside, poi Groenlandia, Indigo Film, Fabula Pictures e quest’anno Giffoni Innovation Hub con Mosaicon. La risposta del cinema è stata fortissima: queste realtà hanno voluto lavorare con noi per stimolare la creazione, da parte della giovane generazione, di racconti sui temi più cari a EMERGENCY: il rifiuto della guerra, la promozione di una cultura di pace, l’accoglienza, le migrazioni, la solidarietà. Siamo molto soddisfatti dei cortometraggi, alcuni dei quali, proprio per l’accordo con Rai Cinema, sono già visibili su Rai Play.

 

Come Ape Regina di Nicola Sorcinelli, Battima di Federico Demmattè, Capitan Didier di Margherita Ferri. Quanto è utile il cinema per sostenere chi ne ha più bisogno e sensibilizzare tutti sulla cura del più fragile?

Crediamo molto in questi progetti. “Una storia per EMERGENCY” ci consente di avvicinare molti ragazzi ai nostri temi più importanti e ci aiuta a capire come la pensano. Ci interessa, poi, che prendano parola per raccontare quanto accade. Informandosi, indagando, approfondendo, con l’occasione dei corti, realtà di cui, altrimenti, non verrebbero facilmente a conoscenza.

Perché portate avanti in luoghi dove è meno facile aspettarsi EMERGENCY?

Quando si parla di EMERGENCY vengono subito in mente l’Afghanistan o il Sudan: paesi lontani in cui lavoriamo, ma meno spesso si pensa a quanto, in Italia, magari accanto a casa nostra, ci sia un problema di accesso alle cure. Noi operiamo anche qui.

Emergency - Ambulatorio di Napoli
Emergency – Ambulatorio di Napoli

Anche col cinema, appunto…

È uno strumento per andare più a fondo nelle cose: il cinema ti fa immedesimare nelle storie più di una notizia del telegiornale.

Tra gli autori dei corti citati prima c’è Margherita Ferri, regista, di recente, di un film importante sul bullismo: Il ragazzo dai Pantaloni rosa, che abbiamo recensito anche su United World Project in un approfondimento sul tema. Che rapporto nasce tra voi e questi giovani autori?  

Siamo felici, con questo progetto, anche di sostenere sceneggiatori e registi in erba, dando loro la possibilità di farsi apprezzare da società di produzione importanti, e magari di emergere. Alcuni lo hanno già fatto. Oltre a Margherita Ferri e Nicola Sorcinelli, penso allo sceneggiatore Alessandro Padovani, vincitore della prima edizione (appunto con Ape Regina) e del premio Solinas.

Il cinema sostiene EMERGENCY ed EMERGENCY nobilita il cinema. Possiamo dire così?

Diciamo che il cinema è per EMERGENCY un linguaggio importante, che si affianca agli altri che utilizza per la sua comunicazione.Anche nuovi, del presente. Da diversi anni, ad esempio,utilizziamo la realtà virtuale: con il visore 3D a 360 gradi ci si può immergere nelle nostre attività. Si può “salire” sulla nostra nave di ricerca e soccorso nel Mediterraneo: la Life Support. È come essere a bordo durante il salvataggio di persone migranti.

Il cinema contribuisce con il suo specifico…

Credo che in questo modo si riesca a valorizzare al massimo la specificità del linguaggio cinematografico. Nei corti si esplorano i nostri temi cardine attraverso la luce, i colori, la musica, il suono, con un tipo di racconto che evoca, piuttosto che spiegare, con la costruzione di atmosfere diverse da quelle televisive, pubblicitarie, di solito più esplicite.

Quanto è importante che EMERGENCY ci sia? Cosa ci insegna questa straordinaria realtà che esiste dal 1994?

Basta dire che in questi 31 anni ha curato 13 milioni di persone. EMERGENCY cura con valori dell’uguaglianza, della neutralità e dell’eccellenza: chiunque deve poter accedere alle cure migliori possibili. Al tempo stesso, EMERGENCY porta avanti il valore della testimonianza: racconta quello che succede in certi luoghi mentre cerca di garantire i diritti. Garantire i diritti è l’unico antidoto possibile alla guerra, che non è mai una soluzione, perché li cancella tutti. EMERGENCY lo sa, perché conosce bene la guerra, da 31 anni, per averne curato le vittime.

Quanto è importante formare i più piccoli alla cultura della pace?

È fondamentale. Sempre e ancora di più in questo momento così drammatico. Per questo EMERGENCY porta avanti molte attività con le scuole. A inizio aprile  è stato organizzato un evento , dal titolo “Ho detto R1PUD1A!”, con 25.000 tra alunni e insegnanti della scuola secondaria collegati da tutta Italia con “Casa Emergency”, a Milano. Per raccontare cosa significa la guerra e quali possono essere gli strumenti e le idee per mobilitarsi. In EMERGENCY, inoltre, c’è Yep (Young Emergecy Peoplededicato percorsi di attivazione e approfondimento per la generazione Z.

Che emozioni offre, lavorare per la costruzione di valori così nobili e per il bene per la comunità umana?

Ho la fortuna di lavorare per qualcosa in cui credo molto. Di operare concretamente per cambiare le cose, per garantire diritti.

Qual è la lezione più grande che ci lascia Gino Strada?

Ho avuto la fortuna e il privilegio di incontrarlo in tante occasioni. Di aver condiviso parte del mio percorso con la persona capace di creare (non da solo) EMERGENCY. Gino Strada è stato un visionario ma al tempo stesso un uomo di grande concretezza: parlava di cose che conosceva a fondo, perché ci aveva messo le mani. Penso in primis all’Afghanistan, uno dei paesi in cui EMERGENCY è presente da più tempo.


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