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«Ho conosciuto persone con cui è nato un legame che va oltre le distanze» – Incontro con Lorenza Mancini, volontaria di milONGa

Il volontariato come via di trasformazione: con il programma internazionale milONGa, Lorenza ha lasciato l’Italia per scoprire la Colombia, dove ha vissuto un mese di servizio, apprendimento e incontro con culture che hanno superato le distanze e lasciato tracce indelebili.
MilONGa è una piattaforma di volontariato internazionale dedicata ai giovani. La sua finalità è fornire opportunità di un volontariato “fraterno”, interculturale e di qualità, a persone fino ai 35 anni, da svolgere in sinergia col lavoro delle ONG che già si stanno spendendo nelle diverse periferie del pianeta. Grazie a milONGa molti giovani hanno la possibilità di vivere esperienze umane, sociali ed interculturali di grande valore. Tra loro c’è l’italiana Lorenza Mancini, che dalla sua città, Pescara, si è recata in Colombia per un mese straordinario. L’abbiamo incontrata per avere una testimonianza diretta delle possibilità offerte dal progetto Milonga.
Lorenza, come sei venuta a sapere del progetto milONGa e come è maturata l’idea di partire per l’esperienza che hai vissuto in Colombia?
Da tempo desideravo vivere un’esperienza di volontariato/missione fuori dall’Europa. Avevo questo slancio sin da piccola, ma non ero mai riuscita a dargli spazio. Finché ho deciso di non rimandare più questa volontà che sentivo nel cuore. Desideravo compiere dei passi che mi aiutassero a far emergere al meglio chi sono. Cercavo un contesto educativo non italiano in cui mettere al servizio degli altri le mie conoscenze, il mio modo di essere e la volontà di donarmi. Ho studiato lingue straniere, ho sempre avuto la passione dei viaggi, delle diverse culture e quest’esperienza poteva arricchirmi umanamente, conoscendo altri modi di vivere e pensare, e professionalmente, come insegnante. Una persona che fa parte del Movimento dei Focolari mi ha detto di guardare il sito milONGa per cercare progetti interessanti: ho trovato la scuola Sol Naciente, in Colombia, a Tocancipa, e scoperto che la direttrice è amica di questa persona.
Che ricordi hai del tuo arrivo presso il “Centro Mariapoli” (ndr: centri appartenenti al Movimento dei Focolari), e per quanto tempo sei rimasta lì?
Per un mese, dopo che mi hanno accolta a braccia aperte e fatto sentire subito a casa. In aeroporto non era arrivata la mia valigia e sono stati tutti disponibilissimi ad aiutarmi, per giunta dopo un viaggio avventuroso e faticoso, dovuto anche a un problema informatico mondiale negli aeroporti. Fortunatamente l’ho vissuto come parte dell’esperienza, con serenità, anche grazie all’incontro con una signora che viaggiava, come me, verso la Colombia per volontariato. È stato un regalo poter condividere storie e difficoltà. Arrivare all’aeroporto di Bogotà senza valigia non è stato piacevole: ero preoccupata e molto stanca, ma non sola. La valigia è arrivata dopo 5 giorni, con mia grande gioia.
Quanto è stato utile vivere quell’esperienza con altri ragazzi come te?
Ho vissuto in una casetta nel centro Mariapoli con una ragazza tedesca e una messicana. La condivisione è stata molto importante, a scuola e nelle uscite: scambiare pareri e idee su quanto stavo vivendo e sui progetti futuri. All’inizio, non conoscendo la città di Tocancipa, ed essendo europea, avrei dato nell’occhio. Era bene non andare in giro da sola e loro mi sono state vicine. Ancora oggi, ogni tanto, ci sentiamo per aggiornarci sulle nostre vite.
Com’era la tua giornata tipo?
La mia abitazione era di fronte alla scuola dove ogni giorno, dalle 7 della mattina, andavo ad affiancare i professori. Le separava un cancello. Ho lavorato con bambini e adolescenti fino ai sedici anni. A metà mattinata c’era un momento di pausa nel quale potevo scambiare impressioni e sensazioni con gli altri insegnanti della scuola. Sono stati momenti preziosi, al pari delle condivisioni dei pranzi nel salone. La giornata scolastica si concludeva intorno alle 15.00 e poi si passava all’organizzazione del lavoro domestico tra spesa, lavatrici, faccende e un po’ di riposo. Nei fine settimana è capitato che alcune famiglie del posto ci abbiano proposto gite in località della Colombia o visite presso la città di Bogotà.
Sul sito di milONGa si legge: “programma di volontariato internazionale per giovani tra i 18 e i 35 anni interessati a fare un’esperienza completa di servizio, scambio, formazione e azione per rafforzare le organizzazioni sociali e le diverse comunità locali in tutto il mondo”. Quali tra queste parole – servizio, scambio, formazione e azione – ti suona più forte dentro dopo questa esperienza?
Direi tutte. Se però dovessi sceglierne una, opterei per “scambio”. È stato molto arricchente confrontarmi con persone di quel luogo, osservare il loro modo di essere e di agire, a partire da come viene vissuta la scuola da ragazzi e professori. Ho visto, da parte dei primi, molta libertà di esprimersi, molta serenità, grande collaborazione e spirito di gruppo. Questo mi ha aiutato, professionalmente, ad ampliare il mio sguardo. Quindi si, “scambio”, anche perché ho proposto loro di far conoscere un po’ la cultura italiana e i professori della scuola si sono mostrati molto interessati alla nostra lingua, ai nostri luoghi e al nostro cibo.
Molto bello…
Quando ho organizzato con loro alcune presentazioni di posti storici italiani o di ricette gastronomiche, i ragazzi sono stati a dir poco entusiasti. Con un’insegnante in particolare, ho collaborato per una lezione di letteratura e ho organizzato una lettura su alcuni aspetti della Divina Commedia e del suo autore, Dante Alighieri. In generale è stato bellissimo il modo in cui mi hanno reso parte delle loro lezioni.
Hai aneddoti, momenti, o ricordi particolari dell’esperienza con milONGa?
Significativa, per me, è stata la visita al Centro Social Unidad di Bogotà, nel quartiere La Merced. Osservare quella zona molto povera e sentire la storia di com’è nato il centro, è stato commovente. Mi sono sentita un po’ “stupida” per le tante volte in cui mi lamento di cose futili, quando invece ci sono persone che lì vivono in condizioni davvero difficili, a partire da quelle igieniche, visto che abitano in case di lamiera a contatto con la terra.
Cosa hai capito ancora meglio del progetto Milonga, con questo viaggio, e quanto è importante il servizio che offre per costruire l’unità, la fratellanza e la pace tra i popoli. Quanto ci aiuta a comprendere meglio il valore dell’interculturalità?
In questo mese di volontariato, ho conosciuto persone con cui è nato un legame che va oltre le distanze. Ho conosciuto un popolo profondamente accogliente che mi ha aperto le porte di casa facendomi sentire parte della famiglia. Ogni desiderio o esigenza che avevo nel cuore si concretizzava senza che neanche lo esternassi verbalmente. Ho sperimentato la gratitudine, mi sono sentita amata e accolta, valorizzata per come sono. Sentire questo bene autentico mi ha consentito di tirare fuori il meglio e al contempo di donarmi al meglio agli altri. Mi ha fatto conoscere meglio la Colombia. Loro mi hanno raccontato la loro cultura, io ho offerto loro qualcosa dell’Italia e questo scambio, nella sua semplicità e naturalezza, ci ha avvicinati e ci ha aiutato a costruire la fratellanza tra i popoli.
Cosa ti è rimasto nel tuo cuore dell’esperienza in Colombia, grazie al progetto milONGa?
Parte del mio cuore l’ho lasciato lì, e non è stato facile riprendere l’aereo per tornare a Pescara. Spero prima o poi di tornarvi, per rivedere le persone stupende che ho incontrato. I colori sgargianti dei murales e dei vestiti, le musiche, il calore e l’accoglienza delle persone hanno lasciato un segno indelebile dentro di me. Mi hanno trasmesso un senso di vitalità e gioia di vivere che nel quotidiano di quell’esperienza si è trasferito, trasformato, nello scegliere vestiti più colorati e nel vedere con sorpresa il bello nelle piccole cose e nei piccoli gesti.