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Med25 Bel Espoir: “Per capire le parole di una persona, devi conoscere le esperienze che ha vissuto”

Intervista a Majdi Abdallah, giovane dalla Palestina in viaggio sulla nave-scuola di pace Med25 Bel Espoir. Un racconto emozionante sul dialogo nel Mediterraneo, le relazioni e la speranza nata a bordo.
La Med25 Bel Espoir è una nave ma è anche – e soprattutto – una scuola: una scuola di pace che in 8 mesi di navigazione – da marzo a ottobre 2025 – ha ospitato 200 giovani da tutto il mondo ed ha attraccato in trenta porti del Mediterraneo. Ha collegato cinque sponde di questo mare che spesso divide ma che è capace di unire, di divenire dialogo, incontro, e come tale va vissuto, concepito.
A bordo della Bel Espoir si sono alternati otto gruppi di giovani: venticinque alla volta, di diverse nazionalità, culture e religioni. Tutti impegnati per la pace. Tra loro, dal 4 al 17 agosto, c’è stato Majdi Abdallah, giovane dalla Palestina, che ci ha raccontato, attraverso questa intervista, le sue emozioni, i suoi ricordi, gli insegnamenti tratti da questa esperienza.

Quando e come hai deciso di prendere parte all’esperienza della nave Bel Espoir?
Nell’aprile di quest’anno, pensando che sarebbe stata un’occasione per creare amicizie e costruire la pace dal basso.
Quando sei salito a bordo e quanto tempo ci sei rimasto?
Sono arrivato il 4 agosto a Tirana, in Albania, e siamo partiti con la navigazione due giorni dopo da Durazzo. Siamo rimasti nell’Adriatico e nel Mediterraneo per nove giorni, facendo diverse soste nelle isole della Croazia e sulle coste di quel Paese. Poi siamo arrivati a Trieste, in Italia, e siamo rimasti lì per altri due giorni.
Com’erano organizzati i tuoi giorni sulla Bel Espoir? Puoi descriverli?
La sveglia era alle 8 e se la barca era ancorata andavo a fare una nuotata in mare. Poi facevo una colazione piuttosto semplice: un pezzo di pane con crema spalmabile e un caffè. Di solito pregavo da solo o con altri amici a bordo. Poi ci incontravamo per una sessione di condivisione. Per un’ora al giorno, mettevamo in comune, verbalizzandole, le nostre esperienze, le nostre idee e le prospettive su un tema legato alla pace nel Mediterraneo. Il focus, il tema principale del viaggio era il fenomeno migratorio e il movimento delle persone attraverso il Mediterraneo. Il dialogo tra diverse prospettive veniva registrato quotidianamente per essere incluso nel libro finale, frutto di tutti i viaggi del Med25 Bel Espoir.
Com’è stato il rapporto con le altre ragazze e gli altri ragazzi, di differenti nazioni, culture e religioni?
È stato un rapporto basato sul rispetto e sulla gioia. Vivere insieme a bordo di una barca, crea relazioni di grande intensità e rende i rapporti tra le persone automaticamente più profondi. Si diventa più premurosi nei confronti dell’altro e più attenti ai suoi bisogni.

Hai qualche aneddoto in particolare da raccontare sul quotidiano a bordo della Nave Bel Espoir e sui rapporti con gli altri partecipanti al viaggio?
Ne ho diversi, dalle piccole cose, come qualcuno che condivide con te l’ultima fetta di torta, senza che tu lo chieda, proprio perché è l’ultima, a quando eravamo in Albania e una ragazza marocchina non ha ricevuto il visto per entrare nell’Unione Europea. Ricordo l’amicizia e la vicinanza che tutti le hanno mostrato: sono state davvero commoventi, così come l’ospitalità degli amici in Albania e a Trieste. L’acqua potabile e il cibo erano sempre esattamente sufficienti a soddisfare le nostre esigenze, e non abbiamo sprecato nulla. Una volta, quando siamo arrivati in un porto della Croazia, gli ufficiali portuali ci hanno regalato una scorta d’acqua gratuita per tutta la durata della nostra sosta.
Come hai approcciato a questo viaggio?
Le sensazioni e i ricordi, ripensando a questo viaggio, sono di profonda gratitudine. Considerare la nave come una scuola di vita, è stato il modo giusto per vivere al meglio questa esperienza.
Momenti di difficoltà, di fatica, di stanchezza?
Il primo giorno, a causa del mare agitato, la maggior parte di noi si sentiva male o aveva paura. Per un po’ di ore sono rimasto separato da tutti gli altri, e sono riuscito a non sentirmi male. quando sono tornato con loro, e ho visto i volti di tanti, pallidi e sofferenti, mi sono sentito immediatamente male anch’io, finendo per vomitare. Dopo un breve momento di riposo, però, appena sono stato in condizione, sono tornato ad aiutare chi era ancora in difficoltà.
Cosa porti con te oggi di questa esperienza?
Con questo viaggio, posso dire che la mia fede, la mia speranza e la mia capacità di amare sono cresciuti, e questo non ha prezzo. Mi sento più sicuro della mia vocazione, soprattutto perché ho ricevuto più fratelli e sorelle: esattamente il dono che il Maestro ha promesso a coloro che Lo seguono. Ora che sono tornato a terra, cerco di vedere ogni persona che incontro vulnerabile come lo eravamo tutti in quel primo giorno di mare. Voglio portare pace nei cuori e alimentare la fiducia nelle relazioni, perché per me queste sono le solide basi per la stabilità politica e per porre fine ai conflitti armati a livello internazionale.

C’è qualcuno con cui hai legato in modo particolare, qualcuno che non ti aspettavi?
Ho legato con tutti sulla barca. Con tutti in un modo particolare, e me lo aspettavo. Ecco perché sono salito sulla barca.
Qual è la lezione più importante che hai imparato da questa esperienza?
Che per capire le parole di una persona, devi conoscere le esperienze che ha vissuto.
Quanto ti ha insegnato l’esperienza di Bel Espoir sul dialogo e la pace?
Mi ha insegnato abbastanza per continuare a credere e a impegnarmi per un mondo di pace.
Qual è il ricordo che conservi più caro nel cuore oggi, dopo questa esperienza?
Ogni momento è stato speciale, forse i volti sereni di tutti i partecipanti dopo che il vento si è calmato e il sole è sorto in un cielo terso.




