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Il grande viaggio di Papa Francesco

 
11 Ottobre 2022   |   Italia, Documentario, Papa Francesco
 

Le missioni apostoliche di Papa Francesco raccontate in un toccante documentario di Gianfranco Rosi: “In viaggio”, presentato alla Mostra del cinema di Venezia e in sala in Italia, dal 4 ottobre scorso. Le parole, gli sguardi, gli incontri del pontefice per portare speranza e luce in un mondo sofferente.

Viaggiare, per Papa Francesco, vuol dire raggiungere l’altro, incontrarlo, soccorrerlo. Portargli corpo e parole di vita. Viaggiare vuol dire guardarlo negli occhi, toccarlo, ascoltarlo. Ribadirlo fratello amato. «Non siete soli», dice Bergoglio alla folla radunata nella favela di Varginha, in Brasile, quando la visita nel 2013: in uno dei «37 viaggi apostolici» compiuti «in 59 paesi» da quando è Pontefice. Lo spiega la didascalia che apre il documentario potente, doloroso e plumbeo – ma con raggi di sole giganteschi e rigeneranti – diretto da Gianfranco Rosi e presentato (fuori concorso nella selezione ufficiale) all’ultima mostra del cinema di Venezia: si intitola “In Viaggio”, è al cinema, in Italia, dal 4 ottobre scorso – giorno di San Francesco – ed è un’appassionata osservazione, un ascolto attento, partecipato, del Santo Padre nel suo portare amore viaggiando per il mondo.

VENICE, ITALY – SEPTEMBER 08: Director Gianfranco Rosi attends the photocall of the movie “Notturno” at the 77th Venice Film Festival on September 08, 2020 in Venice, Italy. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Il maestro italiano della non fiction, già autore di opere preziose come Fuocoammare (Orso d’oro a Berlino nel 2016), girato a Lampedusa sulla tragedia dei migranti, e di Notturno (presentato sempre a Venezia, nel 2020), sulle donne e gli uomini nel Medio Oriente martoriato dalla guerra, non scansa dal suo film le nuvole e la cupezza del nostro tempo, il grido di dolore del pianeta malato nel corpo e nell’anima. Le mostra (anche) con toccanti frammenti dei suoi lavori: gli stessi radar di Fuocoammare, per esempio, che catturano le voci disperate e lancinanti dei migranti in mezzo al mare. A questo grigiore divorante, però, si accosta la luce; alle nebbie oscure in cui ci muoviamo rispondono la speranza e la fiducia contenute nelle parole del Papa alle popolazioni del mondo: Francesco compone ripetutamente, pazientemente, con estrema decisione, l’indicazione di una via d’uscita. Lo fa con un fiume di sostanza e di bellezza che parte dall’isola di Lampedusa, prima tappa del suo pontificato, e attraversa l’Iraq, il Cile, Malta, Cuba, gli Stati Uniti, gli Emirati arabi, le Filippine, l’Armenia, il Kenya, il Messico, la Repubblica centrafricana, tra gli altri, tra i tanti paesi e culture incontrate. A Nord e a Sud del mondo.

Il regista, viaggiatore anch’egli, attento anch’egli agli ultimi sofferenti, cuce quest’accorata risposta fatta di frasi inequivocabili, tanto semplici quanto incisive, umili, ma forti e definitive, che mentre modellano, accumulandosi, un efficace ritratto di Bergoglio, rigenerano lo spirito di chi le ascolta nel film. «Non è la cultura dell’egoismo e dell’individualismo – dice il Papa – che costruisce un mondo più abitabile, ma quella della solidarietà». Aggiunge: «L’altro non è un concorrente, un numero: è un fratello. Tutti siamo fratelli». Avverte: «O vivremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro». Chiarisce: «La tragedia umana che rappresenta la migrazione forzata al giorno d’oggi è un fenomeno globale, e questa crisi si può definire in cifre ma noi chiediamo di definirla con nomi, storie e famiglie».

È fatto di volti e corpi che si guardano e si stringono, il documentario “In viaggio”, di parole dolorose ma anche capaci di invitare a «sognare». Parole per la difesa dei poveri, dei migranti, del Creato, della dignità di ogni persona. Parole per il dialogo tra religioni, tra diversità, per la messa in moto continua della solidarietà e dell’attenzione all’altro. Parole contro «una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del patire con». Parole contro «la globalizzazione dell’indifferenza che ci ha tolto la capacità di piangere» davanti alla tragedia dei migranti. Parole anche capaci di chiedere scusa per gli errori commessi, e parole, tante, forti, contro la guerra. Di richiesta di perdono al Padre per questo. «Perdonaci la guerra, Signore. Ferma la mano di Caino – dice il Papa riprendendo la preghiera di Mons. Mimmo Battaglia – non abbandonarci al nostro agire. E quando avrai fermato la mano di Caino, abbi cura anche di lui, nostro fratello».

Ma ci sono anche i silenzi, tanti, profondamente comunicativi, nel lungo montaggio di Gianfranco Rosi. Quelli di Papa Francesco: silenzi di preghiera, di riflessione, di compassione, di vicinanza, di stati d’animo umani di fronte al mondo in tempesta. Il primo sta all’inizio del film, accostato alla Terra metaforicamente capovolta, filmata dalla stazione spaziale internazionale. Da lassù, dal repertorio estrapolato dal collegamento del Papa con gli astronauti, si può osservarla senza confini, con un’atmosfera sottile che ci ricorda la nostra fragilità ma forse, proprio per questo, aumenta la facilità di vivere da essere umani, ricordandoci di collaborare per un futuro migliore. «Siete un piccolo palazzo di vetro», dice il Papa a quei fratelli con la stessa tuta, di diverse nazioni riunite in armonia, nello spazio, per uno scopo nobile. Per essere «strumenti della pace», continua Bergoglio in un altro intervento di questo film, che arriva al cuore toccando il cuore del mondo. Che è al tempo stesso un film duro e incoraggiante, perché mostra la ferita ma anche il grande dono dell’umanità che cura e salva.


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